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4 agosto 2018

Il Card. Dario Castrillon Hoyos

Da qualche aneddoto un suo ricordo

5 agosto 2018, Madonna della Neve

Il pontificale in Santa Maria Maggiore


Il Cardinal Castrillon si è spento il 17 maggio scorso. Tra i tanti incarichi per anni fu responsabile della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” e in tale occasione avemmo modo di conoscerlo, di apprezzarne le qualità, di ricevere da lui indicazioni di sincero aiuto ed anche di dissentire su alcuni punti. Se è vero che restava un uomo di Curia di un certo periodo storico, è anche vero che colpiva in lui quel suo fare diretto, immediato, senza affettazione cortigiana. Era grande conoscitore - e spesso tessitore - di quella tela politica che è anch’essa parte della vita della Chiesa Romana, ma non ricordiamo che con noi abbia indossato “la maschera del potere”. Anche il suo fisico robusto indicava l’uomo concreto che aveva conosciuto le asprezze del ministero rurale, in un’epoca in cui gli spostamenti non erano facili. In quell’incontro internazionale del clero che avvenne in Colombia nel 1998 in preparazione all’Anno Santo, salì a cavallo e fece quasi un rodeo, mostrando che cavallerizzo era ancora alla sua veneranda età; scendendo dalla sella prese il microfono e disse ai sacerdoti presenti che aveva dovuto imparare a cavalcare quando l’unico mezzo perché il sacerdote raggiungesse certi centri isolati era il cavallo. E terminò dicendo ai confratelli “vi auguro di usare tutti i mezzi possibili per portare Gesù Cristo”. Ecco com’era il Card. Castrillon e questo suo spirito non poteva non riflettersi nella direzione della Commissione “Ecclesia Dei”, compito non certo facile anche perché non tutte le scelte dipendevano da lui, più forze facevano pressione nel senso delle restrizioni e talvolta del vero e proprio abuso canonico ed ecclesiale. Non scordiamo che ostilità vennero espresse anche da parte dell’Osservatore Romano, ne parlammo in un articolo nel febbraio 2011 (L’osservatore Romano attacca la“Dominus Jesus” e l’“Ecclesia Dei”?).

Per quel che possiamo testimoniare ricordiamo in lui un uomo di mediazione, che soprattutto nel tanto avversato pontificato di Benedetto XVI seppe difendere alcune scelte non senza determinazione e autorevolezza. Su più punti non si può dire che avessimo le stesse posizioni, ma va riconosciuto che in merito alla Messa, che lui chiamava spesso “gregoriana”, ebbe anche parole belle e coraggiose. Parole e atti. Perché fu lui in quel 24 maggio 2003 a celebrare in Santa Maria Maggiore quel famoso pontificale; oggi in molti l’hanno scordato, ma ci voleva coraggio all’epoca, e lui lo ebbe. Si potrà anche legittimamente discutere degli intenti di “recuperare i tradizionalisti”, alcuni parlarono anche - non senza una certa miopia ideologica - solo di “inganno” o “specchietto per le allodole”, ma resta il fatto incontrovertibile che pochi altri Cardinali - specialmente Prefetti di Congregazione e tantomeno un “papabile” - avrebbero osato indossare quei paramenti, per quel rito, in quella basilica, in quei tempi.

A tal proposito era anche autoironico e scherzoso, non arrossiva di citare sorridendo l’epiteto di “squalo” che Mons. Williamson gli aveva affibbiato, poi con bonomia aggiungeva che in fondo per la sua abilità politica se l’era meritato; ma riconosceva al contempo che - seppur da un fronte lontano -  quel Vescovo della Fraternità nei suoi confronti era onesto sia in pubblico che in privato, arrivando a dire che per un certo verso era, paradossalmente, quello dei quattro Vescovi della FSSPX che aveva meno una mentalità scismatica.       

Fu sotto il suo mandato che venne riconosciuta ad una Società “l’esclusività del rito tradizionale” e - da galantuomo - tenne fede ai patti: sotto la sua presidenza quell’accordo non fu mai messo in discussione, malgrado le pressioni dall’alto e malgrado la disponibilità a svenderlo proprio da parte di chi avrebbe dovuto difenderlo. E fu lui che sul Concilio Vaticano II ripeteva - semplificando volontariamente - che i passaggi conciliari potevano distinguersi in tre tipologie, la prima conteneva affermazioni condivisibili pienamente da qualsiasi cattolico; la seconda comportava delle ambiguità, ma era possibile interpretarne i contenuti alla luce della Tradizione; la terza tipologia poteva apparire difficilmente conciliabile con la Tradizione e su questi passaggi dovevamo impegnarci – ci disse a voce – ad un uno “studio serio e costruttivo”, ad una “critica seria e costruttiva”. Ed era lui a dirci con forza: “questo è un gran servizio da rendere alla Chiesa” ! Dopo averla approvata, invece di tirarsi indietro come fecero tanti altri, era lui ad incitarci alla “critica costruttiva” e a dirci che sottrarsi a tale compito equivaleva a servire più se stessi che la Chiesa.

Lo sappiamo bene e non vogliamo nasconderlo nemmeno in questa sede: non tutte le scelte che sottoscrisse furono pienamente condivisibili. Il pensiero va al commissariamento del 2000 della Fraternità San Pietro, che costituì un tristissimo e fin troppo imitato precedente. Ma è anche vero che non sempre un Capo Dicastero fa quel che vuole. Ed in più avemmo la netta impressione che la sua gestione successiva fu tale che quasi volle farsi perdonare quell’errore. Avrà certo fatto i suoi sbagli, ma nella direzione dell’Ecclesia Dei rappresentò spesso concretezza e buon senso, dichiarando apertamente che cercava di comporre le situazioni e non di complicarle. Esasperare le situazioni con vessazioni non produce mai buoni frutti. Anzi quando si trattò di trovare mediazioni e dare consigli pratici di sicura utilità, fu sempre disponibile ed affabile, anche quando aveva più d’una ragione per essere in collera…non è sempre colpa “solo della Curia Romana”…

A chi doveva aiutare chiedeva una certa comprensione delle oggettive difficoltà della situazione, che per chi governa non erano sempre d’evidente soluzione. I nemici della Chiesa e del Papa, alcuni dei quali tesero dei veri e propri tranelli anche sfruttando le debolezze mondane di certo tradizionalismo, erano all’opera e ce lo ricordava.

Poi venne la bufera del 2009, che aveva precisi e premeditati bersagli, di cui uno importantissimo… Sulla maniera con la quale fu trattato è lecito dubitare che qualche vendetta si sia abbattuta su di lui, anche per quel suo netto schieramento e quella sua frase nel Conclave del 2005.  

Fu così che la Commissione Ecclesia Dei finì sotto la Congregazione per la Dottrina della Fede, per cui di fatto si ridimensionava il suo ruolo a quello di mediatore con la FSSPX e le sue “dottrine” da sorvegliare. Anche in un recente incontro, senza nascondere quanto la cosa gli avesse fatto male e rivelandoci anche alcuni aspetti dolorosi, lamentava che così facendo la Commissione Ecclesia Dei veniva a trovarsi in posizioni d’estrema debolezza e che il suo ruolo ne risultava alterato e ridotto. Se dovessimo sintetizzare il nostro ricordo parleremmo di un Cardinale coraggioso e fedele agli accordi presi. Pacta sunt servanda e lui con noi non tradì mai la parola data, anche quando era difficile mantenerla.

Che il Signore voglia accorciargli il tempo di purificazione nel Purgatorio e che lui si ricordi d’intercedere per quei sacerdoti che ha incoraggiato ed anche ordinato al sacerdozio, là da dove si trova e da dove vede tutto sotto altra luce.

La Comunità “San Gregorio Magno”