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6 marzo 2022

Lettera aperta al Cardinale Maradiaga

Riceviamo e pubblichiamo

Quaresima 2022


Dopo oltre otto anni, la seguente lettera - i cui contenuti non hanno perso d’attualità - non ha avuto risposta. Per le voci critiche di un certo tipo - invece della sbandierata “apertura” - si sono piuttosto visti provvedimenti (da rimozioni cardinalizie al regime restrittivo di “concessioni” del rito tradizionale) volti a ridurre al silenzio, favorendo così l’opportunismo, lo scoraggiamento e l’esasperazione. N.d.R.


Lettera aperta al Card. Maradiaga    

Febbraio 2014 

A S.E.R. il Sig. Card. Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga

Coordinatore della “Commissione dei Cardinali


E, p.c.,

Ad alcuni altri Porporati

 

«Io prometto: di non diminuire o cambiare niente di quanto trovai conservato dai miei probatissimi antecessori, e di non ammettere qualsiasi novità, ma di conservare e di venerare con fervore, come vero loro discepolo e successore, con tutte le mie forze e con ogni impegno, ciò che fu tramandato […] Se pretendessi di agire al di fuori di queste cose, o di permettere che altri lo faccia, Tu non mi sarai propizio in quel giorno tremendo del divino giudizio» (dal Giuramento dei Papi il giorno della loro Incoronazione, ovvero il lato umile degli “orpelli”: sulla grandezza e il limite del potere pontificio).

 

Eminenza Reverendissima,

nell’intervista rilasciata da Vostra Eminenza a la Repubblica, organo della sinistra massonica in Italia, il 22 novembre u.s., Ella, in risposta alla domanda del giornalista “Perché in conclave avete scelto Bergoglio?”, ha affermato: "È stato lo Spirito Santo. Quel giorno non era in vacanza né stava facendo una siesta. Bergoglio aveva già dato le dimissioni da arcivescovo di Buenos Aires, aspettava il successore per andare in pensione. Non pensava all'elezione e aveva in mano il biglietto di ritorno. Invece lo Spirito ha suggerito un nome diverso dalla curia e dall'Italia". Seguendo l’umorismo della Sua risposta, e fiduciosi nello spirito salesiano di V. E., ci permettiamo di presentare con franchezza alla Sua attenzione alcune perplessità che abbiamo a riguardo, aprendoLe liberamente il cuore.

Per la verità - stando alla logica della risposta, che peraltro sembra andare oltre la domanda - «lo Spirito» sembrerebbe aver illuminato ancor di più proprio la Repubblica di Eugenio Scalfari (e ambienti retrostanti): giacché sta di fatto che questi aveva indovinato il nome del nuovo Papa già alcuni giorni prima, mentre il diretto interessato ha detto di averlo pensato soltanto mentre veniva eletto, e già dopo il settantasettesimo voto (cfr. il favorevolissimo A. Tornielli Francesco Insieme, pp.68-69).

E non dubitiamo che il card. Bergoglio avesse in mano il biglietto di ritorno per Buenos Aires, ma dobbiamo registrare anche qualche elemento contrastante: tralasciando la sua indicazione del povero don Giacomo Tantardini come proprio segretario se fosse stato eletto (e don Giacomo Tantardini è morto un anno prima dell’elezione); tralasciando la campagna elettorale che già nel 2005 sembra avergli fatto il diplomatico mons. Pietro Parolin, ora Cardinale Segretario di Stato; tralasciando le visite in incognito, ancora non chiarite, del card. Bergoglio a quel tempio clerico-mondanocurial-mondano che risulta essere l’Accademia Ecclesiastica, proprio le settimane precedenti l’ultimo Conclave; tralasciando che il «nome» dell’eletto è stato sì «diverso dalla curia» quanto occorreva, ma non tale da impedire a influenti curiali di consentirne l’elezione, né tale da far sì che l’area diplomatica curiale “uscisse male” dal Concistoro – che invece ha vistosamente penalizzato altre aree ecclesiastiche; tralasciando parecchie cose, resta in ogni caso che agli amici, che nei giorni del «biglietto» si applicavano a fargli campagna elettorale, «pensa[ndo]» e lavorando con molta discrezione «all’elezione», aveva detto che se lo avessero eletto avrebbe accettato, avrebbe vigorosamente fatto pulizia in Vaticano e si sarebbe guardato dal prendere un caffè nel Palazzo papale (già preconizzando di risiedere altrove).

In realtà, la domanda posta faceva chiaramente riferimento alle dichiarazioni rilasciate a L’Espresso – rivista collegata a la Repubblica e appartenente al medesimo gruppo editoriale – da un Suo Confratello del Sacro Collegio, il card. Barbarin (29 ottobre 2013). Secondo il Porporato francese, il card. Bergoglio sarebbe stato eletto sulla base di un intervento nel quale egli avrebbe «detto testualmente»: «ho l’impressione che Gesù è stato rinchiuso all’interno della Chiesa e che bussa perché vuole uscire, vuole andare via». Queste affermazioni di un Cardinale elettore, peraltro attribuite a colui che siede sul Soglio di Pietro ed espressamente presentate alla rivista come testuali – quantunque in diretto contrasto con qualche sua omelia da Papa –, di non facilissima interpretazione e comunque mal corrispondenti al concetto di una espansione missionaria della Chiesa di Cristo con il darle nuovi figli, sono comparse sotto il titolo Papa Bergoglio: Cristo vuole uscire dalla Chiesa. E sono state comprese dalla redazione, da molti lettori, come una legittimazione della vecchia pretesa, ereticale e massonica, di separare Cristo dalla Sua Chiesa; così pensando tranquillamente di poter stare con Cristo pur ostinandosi a rifiutare, per dirla con Sant’Ambrogio, «ciò che è proprio di Cristo».

Quest’articolo ha forse un sapore di promemoria e avvertimento, ovvero di pressione sull’eletto? Ad ogni modo, curiosamente il protagonista di questi probabili segnali è il medesimo gruppo editoriale che ha ospitato il famoso Diario del Conclave, da cui è emerso con forza, tra le altre cose, il peso del card. Bergoglio; in tandem con un giornalista del movimento di Comunione e Liberazione. E ancora dei giornalisti di Cl romana (una dei quali risulta già aver fatto carriera), assieme ad alcuni ecclesiastici appartenenti a una corrente ecclesiale ben determinata e corrispondente proprio ai referenti ecclesiastici di quel gruppo editoriale, hanno lavorato nel più gran segreto per la candidatura del card. Bergoglio. Gli uni pensando di sostenere l’amico del sacerdote ciellino romano don Giacomo Tantardini, gli altri - almeno alcuni, che l’hanno detto espressamente - di contrastare la candidatura del “papabile” ciellino card. Scola. Così come, stando anche a qualche dichiarazione, alcuni hanno potuto capire che “si sarebbe cambiata la pubblicità ma il prodotto sarebbe rimasto lo stesso” e altri - anche all’interno della Chiesa - hanno potuto comprendere che ne sarebbe venuta fuori “una nuova Chiesa” - pur in maniera oscillante e magari dissimulata quanto occorre -, alla luce del card. Martini redivivo.

Mentre un curiale potente e di vecchia data come il card. Sodano, il medesimo che era apparso tutt’altro che entusiasta del precedente Conclave (ipotizzando in privato che il Pontificato di S.S. Benedetto XVI non sarebbe stato lungo), e che poi, assai stranamente, aveva celebrato i funerali di don Tantardini, nell’omelia della S. Messa Pro eligendo Romano Pontifice aveva tracciato alla perfezione il ritratto dell’Arcivescovo di Buenos Aires. Mentre un altro Presule aveva previsto mesi prima quanto poi, nella sostanza, è realmente accaduto: papa Ratzinger non avrebbe superato il Natale 2012. Mentre la campagna di Vatileaks, che di fatto ha preceduto quel ritiro di un Pontefice che ha reso possibile questo nuovo Conclave, e alla quale - intreccio curioso e ricorrente - gli organi di quel medesimo gruppo editoriale hanno particolarmente dato voce, sembra essersi fermata (almeno per ora) proprio d’incanto. Eminenza, invece di rifugiarsi “troppo” dietro lo Spirito Santo, quante cose ci sono da chiarire!

Accennato alle questioni storiche, non tralasciamo certo quelle dottrinali. Nella tendenza a una qualche rifondazione della Chiesa, ieri fondata su Pietro e oggi su Simone (slittamento che ovviamente non sarà mai completo, lo sappiamo bene, ma che intanto può nuocere ed essere radicalmente fuorviante), notiamo in particolare, con una certa preoccupazione, tre punti specifici; sicché, dopo aver atteso con calma e nella preghiera, e prendendo sul serio certe vibranti affermazioni generali di papa Bergoglio, che applicandole inducono a occuparci tutti di tali questioni, li presentiamo - in spirito di evangelica parresia - a V. E. . Anche per l’incarico che Ella ricopre, e anche per poterLe eventualmente presentare a Sua Santità Francesco. Pensiamo, in coscienza, che così certamente non saremo cortigiani, come si suol dire (fenomeno che, come anche il nepotismo, non ci sembra proprio circoscritto alla recente Curia Romana).

 

1)   In Evangelii gaudium n. 253, ad esempio, Egli si premura di dichiarare espressamente l’esclusione di «odiose generalizzazioni» negative circa i musulmani (con un giudizio peraltro assai largamente assolutorio). Però con altri, e questi cattolici (peraltro corrispondenti, di fatto, alla tipologia di alcuni che in Conclave non lo hanno votato, e/o alla formazione, sensibilità ed esperienze sue personali anteriori all’elezione - con la quale pure si cambia nome), la premura di dare precisazioni atte ad escludere «odiose generalizzazioni» non si è vista (cfr. la medesima Evangelii gaudium n. 94 e 95, e ancor più in varie altre occasioni). Anzi: più volte ha avuto parole sprezzanti, dure e diremmo quasi violente contro certi cattolici; talora persino sarcasmo. Assieme ad altre frasi, per le quali talvolta ci si è chiesti dove sia stato il card. Bergoglio negli ultimi decenni, sono espressioni che, al di là delle intenzioni, taluni ambienti influenti hanno facilmente la possibilità di usare (anche selezionando dei pronunciamenti ondivaghi): non soltanto contro certi cattolici non bergogliani, contro cattolici che non condividono il martellamento di certi slogan divenuti intoccabile ideologia, ma - ed è questo soprattutto che è preoccupante - contro certe tematiche, contro certe istanze.

 

In tal senso, notiamo che nel medesimo documento ci si premura di citare il famoso (e abusato, anche secondo la testimonianza di S.S. Giovanni Paolo I) passaggio di S.S. Giovanni XXIII sui «profeti di sventura» (n.84), ma si omettono i pronunciamenti pontifici di segno opposto, anche quelli più recenti e meno noti: inclusivi di accenni autocritici, e persino del pianto.

 

2) Preoccupa anche certa tendenza episcopalista, tendenza alquanto marcata. Dopo il “biglietto da visita” dell’autopresentazione dal Balcone di San Pietro soltanto come Vescovo di Roma, ripetendolo per ben tre-quattro volte in quel breve discorso (al punto che c’è chi si è chiesto subito se fosse un segnale per qualcuno); dopo l’elogio al suo primo Angelus del card. Kasper (pur in compagnia della Madonna di Fatima pellegrina e del confessionale), Cardinale di cui è stato elogiato non soltanto un libro ma, anche espressamente, la teologia in generale, e che della tendenza episcopalista è un esponente di spicco: ora questa sembra venir favorita dalla decentralizzazione preconizzata anche in Evangelii Gaudium.

 

È pur vero che, mentre diceva queste cose, papa Bergoglio (o chi per lui) ha comandato non poco; ma è anche vero che (ad esempio) un’importante vaticanista, assolutamente favorevole alla tendenza in oggetto, ha potuto chiosare con faziosa soddisfazione: con una decentralizzazione del genere, riguardante persino delle competenze dottrinali, una Conferenza Episcopale particolarmente progressista avrà la strada spianata per - ad esempio - cambiare di fatto la posizione della Chiesa sui “divorziati risposati”. Ecco le aspettative che, al di là di quello che sarà l’esito finale, intanto vengono alimentate!

 

Non basta. Un programma di ampio decentramento, infatti, lo troviamo già sulla rivista del Grande Oriente di Francia, L’Humanisme. E immaginiamo che il cuore salesiano di V.E. sobbalzerà, ripensando a quella frase del Padre S. Giovanni Bosco: la Massoneria, cioè il diavolo. Rivista che nel numero del maggio-ottobre 1968 scriveva, con molta franchezza, di una specie di «rivoluzione copernicana», una «rivoluzione gigantesca nella Chiesa» che porta già in sé, (per i suoi nemici), «il preludio della vittoria». Infatti, oltre alla lode del processo di desacralizzazione, leggiamo: «Quando le strutture tradizionali crolleranno, tutto il resto seguirà. […] Non è la ghigliottina che aspetta il Papa, ma sarà lo stabilirsi delle Chiese locali, che si organizzeranno democraticamente e rifiuteranno di riconoscere i confini tra chierici e laici, che si costruiranno i propri dogmi e che vivranno in completa indipendenza da Roma. [...] il Vaticano non avrà più la possibilità di controllare i movimenti di un gran corpo che si credeva omogeneo… Non sarebbe venuto il tempo di tornare alle Chiese “nazionali”? Il Papa non si aspetti la ghigliottina, perché divenuto più umano il nostro tempo; ma le “Chiese locali” lo aspettano, e sarà necessario che Egli si accordi con esse. Sarebbe facile ricordare certi episodi del passato, come, ad esempio, la Chiesa gallicana. Finita l’evoluzione, il Papa diventerà superfluo, poiché le Chiese locali “vivranno in piena indipendenza da Roma”. È dunque la ghigliottina, ma sotto altra forma: l’annichilimento!». Qui si va a toccare, volenti o nolenti, la Divina Costituzione della Chiesa; e la mente va al frutto della storica decentralizzazione episcopalista ortodossa: la loro strutturale debolezza, ad esempio davanti al Potere mondano. Il Vostro confratello nell’episcopato mons. Rudolf Graber commentava, nel suo libro-denuncia Sant’Atanasio e la Chiesa del nostro tempo (pag.81): «Ora sappiamo a cosa ci troviamo di fronte. Il “piano di Lucifero” ci è stato chiaramente e apertamente rivelato».

 

3)  E danno pensiero i ripetuti discorsi contro il proselitismo (peraltro senza che il suo esatto significato sia chiaramente definito). È fuor di discussione che se con tale parola si intende la realizzazione dell’apostolato con metodi indegni (ad esempio quelli che i laicisti alla Eugenio Scalfari chiamano metodi da gesuita), siamo tutti d’accordo. Tuttavia, come un Vescovo riconosceva imbarazzato nel suo periodico diocesano, quel che la moltitudine ha capito dell’apparente intervista a la Repubblica (probabilmente mal riportata, ma di fatto questo è il messaggio che è passato; sicché chiediamo: il Papa non è tenuto, per stretto dovere di stato, a contenersi – appunto umilmente – con alta prudenza?), è che non c’è bisogno di convertirsi al cattolicesimo. Al più è desiderabile, per qualcuno, ma non è necessario (un optional). Non è questo, in senso evangelico, uno scandalo? Gli Apostoli, il primo Papa nel suo paradigmatico discorso, San Francesco dal Sultano, hanno parlato in un modo tale che gli interlocutori potessero capire questo? […] come potrebbe essere fedele al divino «euntes docete»? Che ne è del divino «chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato»? […] Che ne è del ripetuto monito appunto dello Spirito Santo, per cui « se tu non lo avrai avvertito, della sua rovina Io chiederò conto a te »? […] Che fine fanno in questa prospettiva due opere di misericordia, proprio di misericordia, quali istruire gli ignoranti e ammonire i pecccatori ? […].

 

4)   Infine, rileggiamo alcuni brani di lettere di San Francesco d’Assisi, proprio il Santo di cui Bergoglio ha preso il nome.


Lettera a tutte le cariche pubbliche: «Ricordate e pensate che il giorno della morte si avvicina. Vi supplico allora, con rispetto per quanto posso, di non dimenticare il Signore, presi come siete dalle cure e dalle preoccupazioni del mondo. Obbedite ai suoi comandamenti, poiché tutti quelli che dimenticano il Signore e si allontanano dalla Sue leggi sono maledetti e saranno dimenticati da Lui. E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di avere, saranno loro tolte. E quanto più saranno sapienti in questo mondo, tanto più dovranno patire le pene nell’inferno […] Siete tenuti ad attribuire al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che ogni sera si annunci, mediante un banditore o qualche altro segno, che siano rese lodi e grazie all’onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non farete questo, sappiate che dovrete renderne ragione a Dio davanti al Signore vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio».

 

Lettera ai fedeli laici, su chi non segue Cristo: «Sono prigionieri del diavolo… essi vedono e riconoscono, sanno e fanno il male, e consapevolmente perdono la loro anima. Perché chiunque muore in peccato mortale… il diavolo rapisce l’anima di lui… e andranno all’inferno dove saranno tormentati eternamente».

 

Lettera ai sacerdoti. «Tributate il massimo onore al Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo», talvolta invece «il Corpo del Signore viene collocato e lasciato in luoghi indegni, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato senza riverenza».

 

Leggendole, pensiamo con dolore: quando queste messe in guardia risuonano nel mondo cattolico odierno? Quando papa Francesco sarà Francesco anche nel confessare queste verità, mettendo in guardia il gregge (attuale e potenziale) da pericoli tanto gravi quanto oggi persi di vista come l’Inferno? Il Signore non dice forse, senza circoscrivere ciò “ad intra”, che se non l’avrai avvertito (e la luce non si mette sotto il moggio!) della sua morte Io chiederò conto a te?

Eminenza, è per amore alla Chiesa che Le abbiamo scritto, […].

Ma vediamo anche certi conati, ricorrenti e massicci, di strumentalizzazione del Vicario di Cristo: per cui la Repubblica e Famiglia cristiana hanno appunto inneggiato apertamente, in nome di questo Papa, a «una nuova Chiesa» (a loro immagine e somiglianza), esaltando Simone e umiliando Pietro (esattamente al contrario di quel Papa che fu umile non rifiutando, tra gli applausi del mondo, gli “orpelli” che trovò presenti per la Carica da lui rivestita, ma dicendo, con la bocca e con i fatti: «Aeneam reicite, Pium recipite»; come fece il nostro beato Pio IX, con l’umiltà di sacrificare da Papa certe sue vedute, certi suoi orientamenti da Cardinale); per cui un organo ufficialmente cattolico arrivò a titolare, ideologicamente e faziosamente: «Martini Papa». E non possiamo non pensare (perché rinnegheremmo la ragione, contro il Vangelo e contro il Magistero) che certi atti e parole di Colui che oggi siede sul Soglio di Pietro, certe oggettive ambiguità e imprudenze, hanno potuto favorire tali massicce strumentalizzazioni.

Come quando egli fece la summenzionata ampia lode di quel card. Kasper che da un recente Predecessore era stato elevato alla Porpora con l’inconsueta riserva di una lettera di ammonimento proprio sulla teologia, con riserve pontificie proprio sulla sua teologia. […].

Sta di fatto che molte persone stanno capendo che la Chiesa, pur non potendo dirlo subito e apertamente, sta cambiando la propria posizione su questioni come i “divorziati risposati”. Chi risponde a Dio del male che viene fatto lasciando passare, nella realtà, un tale messaggio? E se famiglie in crisi che hanno cercato di reggere, pur assillati da tentazioni, trovandosi spianata “la via larga” per autogiustificarsi, considerassero che, in fin dei conti, anche la Chiesa adesso dice che non bisogna essere tanto rigidi…? Che non è l’ideale, certo, ma chi è senza peccato? E se persone che vivono pubblicamente e stabilmente nel peccato si sentissero autorizzate, pur intendendo restarvi, ad accostarsi ai Sacramenti della Confessione e dell’Eucarestia, trovando magari dei sacerdoti che interpretano come si può immaginare certi discorsi di attualità? Cioè dando a Nostro Signore Gesù Cristo «certamente il dolore più grande, quello che più Gli trafigge il cuore» (Via Crucis al Colosseo del 25 marzo 2005)! Chi si rendesse responsabile, attivamente o passivamente, di tutto questo male montante, male alle anime e male come profanazione dei Sacramenti, non ha da temere - per dirla con Santa Caterina da Siena - il divino Giudizio? […].

Sicché preghiamo di cuore perché il Papa gesuita mostri, con fatti univoci e a dispetto del primo Concistoro, di non essere impropriamente condizionabile né dalle sue personalissime opinioni e attitudini, né da certi suoi “grandi elettori”.

E se di “rivoluzione di Francesco” si lascia parlare, non sarebbe allora una bella rivoluzione - per così dire -, quantunque forse non applaudita dal mondo e dai Poteri mondani, la rivoluzione della trasparenza in Vaticano?

Ad esempio, la pubblicazione del cosiddetto Quarto Segreto di Fatima (anche senza riconoscerlo, se si è dubbiosi sulla sua piena ed esatta autenticità soprannaturale: altro che «bastonate», a quel testo è stato dato l’ergastolo!). Giacché peraltro i “fatimiti” argentini, e non solo, poterono uscire da colloqui e carteggi con l’Arcivescovo di Buenos Aires con la percezione che egli fosse d’accordo.

Ad esempio l’abolizione, e non soltanto per il futuro, del segreto del Conclave. Riforma caldeggiata dall’esperto card. Siri, assieme ad altri cambiamenti: ad esempio della riforma postconciliare della Curia, che è proprio quella attualmente vigente. Proposta di revisione che paradossalmente fu avversata, nonostante un certo dichiarato favore di S.S. Giovanni Paolo II, proprio da grandi nomi del progressismo curiale: cfr. tra l’altro Il Papa non eletto, Laterza 1993, pp. 288-289.

Con le nostre povere preghiere, proni al bacio della Sacra Porpora,

Lettera firmata