A millesettecento anni dal Concilio di Nicea
Solennità di Cristo Re 2025
Chiunque voglia salvarsi deve innanzitutto possedere la fede cattolica:
colui che non la conserva integra e inviolata perirà senza dubbio in eterno
(Simbolo Atanasiano)
Atanasio nacque intorno al 297 da una famiglia cristiana e distinta di Alessandria. Con il consenso dei genitori, fu affidato alla scuola ecclesiastica della città, sotto la guida del patriarca Sant'Alessandro, dove fece rapidi progressi. Senza trascurare le scienze profane, che considerava di minore importanza, si dedicò soprattutto allo studio delle Sacre Scritture e delle scienze ecclesiastiche, che imparava a memoria, meditava durante la preghiera e la contemplazione e da cui attingeva la sua pietà e la sua profonda conoscenza dei misteri della fede. Durante questo periodo di formazione, non solo nutrì il suo spirito, ma si dedicò anche alla pratica delle virtù cristiane. Quando ebbe completato i suoi studi letterari, il desiderio di avanzare sulla via della perfezione lo condusse ai piedi del famoso eremita della Tebaide, Sant'Antonio, dove rimase alcuni anni sotto la sua guida. Elevato al diaconato da Sant'Alessandro, questi lo tenne come segretario e lo preparò in modo provvidenziale alla guida di una diocesi. 
Atanasio era ancora solo un diacono quando il Patriarca lo portò con sé al Concilio di Nicea, convocato dall'imperatore Costantino nel 325. Nel corso di quel solenne dibattito, tra i più venerabili difensori della fede che avevano superato le ultime persecuzioni, l'eresiarca Ario espose la sua dottrina, secondo cui Gesù Cristo non era Dio, ma una semplice creatura, più perfetta delle altre e formata prima di esse, ma non dall’eternità. Sentendolo pronunciare queste novità empie, i Padri del Concilio si tapparono le orecchie e acconsentirono ad esaminare queste teorie eretiche solo con grande difficoltà. Atanasio, semplice levita, si alzò e lottò corpo a corpo con l'infame Ario per dimostrare la falsità delle sue innovazioni. Con la superiorità della sua ragione, la sua conoscenza dei libri sacri, la forza della sua argomentazione e la sua eloquenza semplice e naturale, respinse gli audaci attacchi di questo temibile avversario e sventò tutti gli stratagemmi del suo ragionamento fallace.
Durante l'ultima solenne sessione del Concilio, le bestemmie di Ario non reggevano più di fronte alla canonizzazione del termine consustanziale, espressione tanto concisa e precisa quanto energica e luminosa dell'unità di natura nelle tre persone divine, e così la verità sconfisse l'eresia. Ario fu solennemente riprovato dal Concilio, l'Imperatore lo condannò all'esilio e la cristianità ripeté con gioia il Simbolo di Nicea, magnifico sviluppo omogeneo del Credo degli Apostoli, sublime inno di fede che recitiamo ancora ogni domenica. 
 
