I fondatori dell’Associazione chierici “San Gregorio Magno” |
Sabato 22 febbraio 2014,
Cattedra di San Pietro
1) La
risposta della Segnatura e altri due segni analoghi
A
chi in questi mesi ci ha chiesto notizie sulla situazione nell’Istituto del
Buon Pastore, sulla battaglia identitaria dei resistenti dell’IBP e su
eventuali novità, abbiamo spesso risposto di seguire questa rivista, nella
quale si potevano trovare non poche risposte. Avevamo scritto che quando
avessimo avuto dati certi e completi ne avremmo parlato pubblicamente nella
medesima sede. Lo ricordiamo perché, anche per la comprensione dei recenti
sviluppi, è importante non perdere di vista quanto già esposto, ed
eventualmente rileggerlo.
Ciò
premesso, abbiamo ora ulteriori elementi di cui dare comunicazione, possiamo
infatti considerare che il Tribunale della Segnatura abbia ormai risposto. Ad
esso erano stati inoltrati quattro ricorsi, da parte di tre sacerdoti
dell’Istituto, inerenti vari aspetti oggetto di obiezione. Due di questi non
hanno ancora avuto alcuna risposta; ma la comparazione dei tempi di scadenza ci
fa ragionevolmente considerare - con un buon margine ormai, avendo noi ad cautelam ulteriormente atteso - che
la procedura sia ormai completa. Vediamo dunque i due ricorsi che una qualche
riposta esplicita l’hanno ricevuta.
Un
primo ricorso - contenente soprattutto la domanda di conoscere alcuni documenti
inerenti la vicenda - ha avuto una risposta negativa (Prot. n. 48339/13 CA PICTAVIEN, Electionis, Rev.dus St. Carusi -
Pontificia Commissio Ecclesia Dei, del 17 settembre 2013). Si trattava
peraltro di una risposta contenente qualche elemento interessante e tutt’altro
che rassicurante quanto all’integrità degli Statuti: “Dalle risposte della Segnatura già qualche conferma”.
L’altro
ricorso, incentrato sul rifacimento ad usum Delphini del corpo elettorale che ha proceduto alla nuova elezione
(così sfacciata che anche in Burchina Faso avrebbero reagito), è stato
inizialmente ammesso dal Tribunale (cfr. l’articolo in questione, “Dalle risposte della Segnatura già qualche conferma”): fattore già di una certa
importanza, per i motivi esposti in parte nell’articolo appena citato e in
parte in quello del 6 dicembre 2013 (“Le ragioni di una battaglia”).
Successivamente,
con lettera datata 30 novembre e pervenuta al ricorrente l’11 dicembre 2013, è
stato risposto che il ricorso era “peremptum”
(decaduto, archiviato), adducendo motivi – si noti – di patrocinio economico e
di decorrenza dei tempi. Infatti il ricorrente, non percependo più da mesi
l’importo fisso dal suo Istituto (come peraltro ha dimostrato, trasmettendo
alla Segnatura le buste paga vuote), ha fatto domanda di ricorso alla modalità,
prevista dal regolamento del Tribunale, dell’assegnazione dell’avvocato
d’ufficio. Possibilità rifiutata. Il rifiuto dell’avvocato d’ufficio è stato comunicato
dopo i trenta giorni di scadenza e dicendo contestualmente che ormai erano
passati i tempi ed il ricorso era ormai decaduto anche pagando (sicché non si
poteva più nemmeno organizzare una colletta). Cosa che da una parte fa un po’
ridere, vista la famosa “Chiesa dei poveri”, e dall’altra vuol dire che ragioni
più decenti per rifiutare il ricorso, di principio riconosciuto possibile,
evidentemente non ne avevano.
A
ciò si sono aggiunti altri due segni, che vanno nella stessa direzione:
a) è stato ufficialmente comunicato ai sacerdoti
dell’Istituto, con lettera circolare dell’11 novembre 2013, che il Card. Ricard sarà il
nostro «Cardinale-consiglio» (?). Si tratta del Porporato che recentemente ha
confermato (cfr. Franc-Maçonnerie Magazine
n. 26, sett.-ott. 2013, p. 22) di andare a riunioni della Massoneria, argomentando
ai suoi sacerdoti che sarebbe una “periferia esistenziale” (e noi che pensavamo
fosse “il Padrone del mondo”…). Una certa “messa sotto tutela” dell’IBP, ad
esito e prolungamento del Commissariamento (cfr. Lettera dell’Ecclesia Dei annunciante la nomina dell’abate Forgeot a Commissario)?
b) Di
per sé, la presenza d’una sorta di visitatore permanente non costituirebbe per
noi problema. Ma il tempo della nostra resistenza interna ha palesato che la
posizione maggioritaria nell’Istituto è purtroppo quella, da “palude”, che
possiamo riassumere come segue:
«non
sono d’accordo con l’insieme delle richieste del segretario della Pontificia
Commissione Ecclesia Dei (pur suscettibili in sé di qualche discussione
interna, come anche la Commissione rispose alle nostre critiche, ndr),
né
con l’elogio che ne ha fatto l’abbé Laguérie, secondo cui tali massicce
richieste sarebbero addirittura una «buona Provvidenza» (cfr. Mail
collective aux prêtres du Bon Pasteur, 29 mars 2012, 10 h 52, “Document officiel”),
né
con la sua ondivaga disponibilità al cambiamento statutario (cfr. Monde&Vie, 20 octobre 2012, Intervista all’abbé Laguérie),
…però
non sono disposto a rischiare di compromettermi».
E
se in maggioranza non si è disposti a combattere in difesa delle proprie
specificità, che da quel progetto risulterebbero demolite, come si può pensare che
la nomina di un “Cardinale-consiglio”, sommata al prepotente insediamento forzato
dall’esterno del Superiore Generale, non costituirà un pericoloso
condizionamento? Purtroppo le verità scomode si possono rimuovere (per un po’
di tempo), ma se il fattore prevalente fosse la volontà mondana di sicurezze
umane ad ogni costo, stando «presso la pentola della carne» (Es. 16,1), perché
mai avremmo fatto la scelta dell’IBP? Per quale motivo? Perché a noi piace il
rito liturgico antico? Una questione di gusti, così come a uno piace il vino e
ad un altro lo champagne?
2) La
nostra risposta
Abbiamo
presentato ricorso sia per utilizzare tutte le cartucce a nostra disposizione,
volendo fare questa battaglia sino in fondo, sia per rimetterci, in ordine al
nostro futuro, ai segnali che la Provvidenza ci avrebbe dato tramite il
ricorso.
Avuti
questi segnali, li abbiamo accettati. Grati alla Provvidenza innanzitutto
perché - a differenza dei commissariamenti della Fraternità San Pietro e dei
Francescani dell’Immacolata - stavolta una parte che agli abusi di autorità ha
detto di “no” c’è stata. E alla buona Provvidenza siamo grati anche per la
chiarezza della risposta (infatti ciò in cui speravamo non era né il “sì” né il
“no”, ma un chiaro “sì” o un chiaro “no”).
Abbiamo
verificato le eventuali disponibilità, abbiamo anche riflettuto e scelto uno
per uno: e dopo essere finora rimasti ciascuno al proprio posto, abbiamo quindi
preso atto che era l’ora di partire. Ma partire senza disgregarci e annullarci
altrove (come stanno facendo altri, che prima non hanno voluto fare la
battaglia interna sino in fondo): bensì restando uniti, sulla medesima linea.
Siamo
partiti nella serena evidenza che non si tratta di questioni personali, ma di
linea: noi ci rifiutiamo di prendere la strada dei prigionieri del “complesso
da allineati” e della imprudente velleità di essere assolutamente “integrati”
(così come respingiamo il carcere mentale di quel vortice ideologico ed estremista,
da cui Mons. Lefebvre nel 1979 metteva in guardia). Alle appariscenti sicurezze
mondane preferiamo il serbare la giusta libertà per la buona battaglia.
Pronti
a tutto, e persuasi che è proprio la presenza di reazioni ciò che spesso frena
le cattive tendenze, abbiamo dato vita a un nuovo soggetto, fedelmente
identitario e giustamente flessibile sulle modalità organizzative:
l’Associazione chierici “San Gregorio Magno”. Così, restando insieme ed
offrendo un punto di riferimento, intendiamo dare il nostro contributo al bene
comune, rappresentato da tale testimonianza (sia “in positivo”, sia “in
negativo”) in favore della Tradizione Cattolica. Su questa piattaforma,
chiediamo a chi condivide il nostro ideale di sostenerci. Cogliamo l’occasione
per comunicare il nostro conto corrente: per versamenti dall’Italia (IBAN) IT 87 H053 0868 8300 0000 0002 003,
per versamenti da fuori Italia aggiungere (BIC)
BLOPIT22, intestato ad Associazione
chierici San Gregorio Magno.
Intendiamo
dunque concentrarci su cinque sostanziose attività, nell’attesa, fiduciosa e
cooperante, dell’ora di Dio («si moram
fecerit, expecta Eum, quia veniet et non tardabit», cantiamo nella Novena del Santo Natale). Eccole:
a) la
formazione dei nostri seminaristi, nella fedeltà al Dottore Comune della Chiesa.
b) La
rivista Disputationes Theologicae,
ormai seguita in più Paesi (specialmente l’Italia e la Francia) da persone che
apprezzano la franchezza ecclesiale. Volevano imbavagliarla, ricordate? La
risposta è stata: non possumus (cfr. “Disputationes non si lascia imbavagliare”). Oggi come oggi, nella situazione attuale,
questa voce libera deve continuare.
È uno strumento prezioso per continuare a
fare quell’ampia critica costruttiva,
in cui abbiamo ravvisato lo specifico del carisma originario dell’Istituto del
Buon Pastore.
Proprio questo ci sembra il punto nevralgico,
anche circa la famosa questione dell’«exclusive»:
che senso ha – dopo aver approvato gli statuti dell’IBP pochi anni fa – fare scandalosamente
pressione perché la dizione “rito proprio” sostituisca forzatamente, negli atti
ufficiali o almeno nell’uso corrente, quella di “rito esclusivo” (per chi ha
liberamente scelto l’Istituto)? Che senso ha, se non proprio quello che la
seconda espressione ha un sapore di critica – pur lasciando il giudizio
categorico alla Chiesa – della riforma liturgica da cui è uscito il rito moderno?
Come detto nell’articolo “Il rito proprio e l’ermeneutica della continuità sono sufficienti?”: non ce la sentiamo di accettare pienamente
il “documento Pozzo” (o di simulare di accettarlo). Siamo volentieri
disponibili a valorizzarne alcuni suggerimenti, come l’invito ad approfondire
l’identità e il nostro cuore pastorale, ma non siamo disponibili - nelle
presenti circostanze - a schiodarci da quel che ci disse alla fondazione il Card. Castrillon Hoyos: una sana critica, la critica costruttiva, può essere un
gran servizio da rendere alla Chiesa.
c) La
vita di preghiera in comunità, specialmente per il trionfo della Fede, per la
Chiesa e per le anime, le quali, trovandosi in una grande prova, abbisognano
particolarmente di insistenti preghiere.
d) La
S. Messa tradizionale in comunità (ovviamente aperta a chiunque desideri
venire). Pensando a quel che cantiamo nell’Adoro
te devote: «cuius una stilla salvum
facere totum mundum quit ab omni scelere»; e dunque con grande fiducia nei
frutti del S. Sacrificio dell’Altare. Avremo peraltro la possibilità di
accogliere un buon numero di intenzioni di Messa, le cui offerte possono
rappresentare anche un prezioso aiuto per l’opera.
e) Il
metterci a disposizione per le S.S. Confessioni in ambito diocesano,
disponibilità che già da subito non dovrebbe presentare troppe difficoltà per
nessuno. In spirito di carità ecclesiale e nella convinzione che un’ampia
presenza al Confessionale, anche con la tendenza al calo del numero di
sacerdoti, può rappresentare un buon aiuto: come alleggerimento per altri
confratelli impegnati nelle parrocchie e come maggiore opportunità per le
anime. Da parte nostra è stata offerta di cuore una disponibilità in tal senso,
ricevendo oralmente qualche risposta positiva; quando chi di dovere ci
chiamerà, andremo.
Alla
Madonna del Rosario di Fatima, conservatrice del «dogma della fede», a S.
Gregorio Magno, a S. Atanasio, ai S.S. Angeli custodi, alla cara anima di mons.
Antonio Piolanti affidiamo questi propositi, perché possiamo in tal modo
cooperare fedelmente, secondo la vocazione ricevuta, alla restaurazione della
fede.
Don Stefano Carusi
Abbé Louis-Numa Julien
Sem. Łukasz Zaruski
Sem. Bartłomiej K. Krzych