9 gennaio 2013

Più che la Pontificia Commissione Ecclesia Dei, era dunque il servilismo...

G. B. Tiepolo, "Il cortigiano Tolomeo offre la testa di Pompeo per ingraziarsi Cesare"



Nella nostra comunicazione pubblica del 14 maggio 2012 “Disputationes non si lasciaimbavagliare”, ci eravamo chiesti se l’ingiunzione rivolta a nome della Pontificia Commissione Ecclesia Dei a questa libera rivista provenisse realmente da tale Organo romano, in che misura...Al fine di verificare, anche nei confronti dei nostri lettori, il nostro direttore ha chiesto direttamente alla Commissione medesima, con la lettera seguente:




Don Stefano Carusi
18 Place A. Rillié
F- 28290 Courtalain

                                      Courtalain, 22 ottobre 2012                 


Eccellenza Rev.ma,
     
mi vedo costretto a scrivere a codesta Rev.ma Commissione per renderla edotta di alcuni avvenimenti ed alcuni episodi sconcertanti che mi vengono presentati come applicazioni della volontà della medesima Commissione. Negli ultimi mesi infatti sono stato oggetto di minacce in quanto Direttore responsabile del sito Disputationes Theologicae (libera rivista che non è un organo del Buon Pastore, come ha dichiarato anche espressamente); alcune di tali minacce provenivano direttamente dall’abbé Philippe Laguérie, il quale sosteneva che codesta Rev.ma Commissione gli avesse dato mandato per significarmi le gravi punizioni che mi attendevano se non avessi obbedito a tali censure. In data 13 maggio 2012 l’abbé Laguérie mi ha scritto sostenendo che il Rev.mo Mons. Guido Pozzo aveva ingiunto con lettera dell’8 maggio c. a. la censura di alcuni articoli del sito; nel contempo sono stato minacciato espressamente di essere trasferito in Colombia se non avessi ritirato gli articoli d’opinione sul rito esclusivo e sulla critica costruttiva del Concilio Vaticano II; negli stessi giorni una minaccia anonima è giunta a invocare per me una riduzione allo stato laicale nel giro di poco tempo. In conseguenza di tali pressioni ho subito anche un ricovero ospedaliero all’Ospedale di Chateaudun il giorno 14 maggio 2012.

Premesso che come Direttore di una libera rivista, regolarmente iscritta al Tribunale di Camerino, la mia opera di coordinatore mi impone di concertare col Consiglio di Redazione e con la legge italiana sull’editoria, non vedo davvero come l’abbé Laguérie possa invocare il diritto di censura sulla libera stampa cattolica, a maggior ragione se i testi non contengono nulla contro la fede e i costumi ed esprimono un mero punto di vista teologico indipendente, come i canoni 212 e 215 del Codice sottolineano. 

A tutt’oggi, purtroppo, le minacce continuano e si intensificano in questo momento delicato per l’Istituto del Buon Pastore; non solo si invoca che esse provengano direttamente da codesta Rev.ma Commissione, ma si sostiene anche che codesta Commissione abbia dato il potere di escludere dal Capitolo del Buon Pastore - e quindi da prossime eventuali elezioni - tutti quanti non si sottomettano agli ordini e alle censure dell’abbé Laguérie. Quest’ultimo, di fatto, sta rimaneggiando la composizione del Capitolo - non si sa bene a quale titolo, avendo egli dato le dimissioni da Superiore  il 3 luglio scorso ed essendo anche scaduto il titolo colorato l’8 settembre - in vista di una rielezione, con metodi che non appaiono ispirarsi alla legalità canonica, ma nemmeno al più elementare senso della giustizia.

Mi trovo quindi nell’obbligo di rendere edotta codesta Rev.ma Commissione dello stupefacente testo che mi è pervenuto lo scorso 11 ottobre e che allego alla presente. Non solo esso contiene minacce espresse e canonicamente irricevibili, ma vi si insinuano anche frasi calunniose. Scrivo quindi a codesta Rev.ma Commissione, informandoLa anche che i membri del Consiglio di Redazione di Disputationes si sono interrogati sulla necessità di ricorrere alla giustizia, ecclesiastica in primis.

Nel salutarLa rispettosamente affido alla Sua preghiera il nostro Istituto e invoco la Sua benedizione. Prono al bacio del sacro anello.

                                                                       Don Stefano Carusi
                                                    Direttore responsabile di Disputationes Theologicae


________________________
S. Ecc.za Rev. ma
Mons. Augustin Di Noia
Pontificia Commissione Ecclesia Dei
Piazza del Sant’Uffizio 11
00193 Roma



In semplicità, senza reticenza, abbiamo preferito l’approfondimento in via diretta alle illazioni affrettate, siano esse dettate dal timore opportunistico (degli “allineati”) o dalla semplificazione tendenziosa (della FSSPX).

Al quesito la Commissione ha risposto come segue:



PONTIFICIA COMMISSIO ECCLESIA DEI
Prot. 80/2006

                                                 Dal Vaticano, il 5 novembre 2012


Reverendo Padre,

è pervenuta a questa Commissione la Sua lettera in data 22 ottobre nella quale Lei partecipava le Sue preoccupazioni circa la Sua situazione all’interno dell’Istituto Bon Pasteur.

Al riguardo mi pregio comunicarLe che, in data 8 maggio 2012, l’allora segretario della medesima Commissione, Mons. Guido Pozzo, ha fatto sapere al Suo Superiore, il Rev. do Philippe Laguérie, che, pur essendo legittima la discussione all’interno dell’Istituto circa le domande fatte dopo la visita canonica, era inopportuno che tali dibattiti apparissero su siti internet o in riviste accessibili al pubblico. La medesima Commissione ha chiesto una vigilanza rinnovata al riguardo, senza però raccomandare nessuna determinata misura disciplinare.

Nel significarLe quanto sopra, profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio.

                                                             J. Augustin Di Noia, o. p.
                                                                              Vice-presidente


Copia al Rev.do Philippe Laguérie
_______
Don Stefano Carusi
18, Place Rillié
28 290 Courtalain France




Notiamo che la Commissione sembra non escludere che si possa dissentire da alcuni inviti espressi a seguito della visita canonica, essendo essi un punto di vista non perentorio. Emerge soprattutto che ingiunzioni di censura così assolute del dibattito intorno al “rito esclusivo” e alla “critica costruttiva”, nonché a certa gestione poco chiara del dialogo Econe-Roma, più che essere un diretto ordine della Commissione, provenivano in buona parte dalla cortigianeria complessata e/o interessata di taluni esponenti del nostro mondo.
Di tale risposta della Commissione qualcosa ci sembra possa essere discusso: ad esempio, pur non disdegnando il valore di una prudente moderazione in materia, non stimiamo che su tali questioni dottrinali, liturgiche ed ecclesiali sia inopportuno il pubblico dibattito, che non si presta ad ambiguità ed equivoci. Si tratta infatti di questioni squisitamente di natura pubblica (peraltro già anteriormente comparse su internet).

Rimane il fatto che un punto di vista della Commissione dell’ordine del consiglio è stato arbitrariamente accresciuto da altri in un vero e proprio ordine, suscettibile di sanzioni. In tale procedimento, in sé squallido, vi è tuttavia qualcosa di provvidenziale poiché ne risulta messo in luce un aspetto che spesso, tra l’opportunismo timoroso e la tendenziosità faziosa, resta trascurato: il servilismo interessato che, nel complesso dell’allineato, va oltre le richieste. Quella piaggeria per la quale, nonostante le attuali circostanze, non si distingue tra una legge e un punto di vista, tra un obbligo e un’indicazione; servilismo di facciata, spesso e volentieri usato per “compensare” certo estremismo in privato, talora persino inquietante.
In tal senso la prova che sta attualmente attraversando l’Istituto del Buon Pastore sarà, in ogni caso, preziosa per svelare i cuori; e non soltanto (come purtroppo accade spesso nel nostro mondo) i cuori di coloro che - troppo facile bersaglio - sono lontani da noi...

Abbiamo fiducia nella Provvidenza, che sa quello che fa, come l’hanno avuto quei seminaristi che proprio nell’attuale situazione sono entrati nel Seminario dell’IBP! Lasciamo fare alla Provvidenza (come mons. Lefebvre amava ripetere serenamente nei frangenti più difficili); quanto a noi, cooperiamo con il  piccolo, umile contributo della fedeltà alla linea della franchezza rispettosa e della critica costruttiva, come ci siamo proposti fin dagli inizi.


P.S. Il servilismo di cui sopra ha spesso negli ambienti di cuore tradizionale un’appendice contraddittoria, o piuttosto complementare. Essa consiste in un complesso acriticamente favorevole nei confronti della Fraternità San Pio X (specialmente in privato, e specialmente quando la si conosce poco); FSSPX che certo ha le sue ragioni, ma che non di rado è anche un riferimento idealizzato, comoda e compensativa scorciatoia “virtuale” per tanti che non osano.
E’ anche su tale punto che verteva la censura che alcuni superiori emeriti dell’Istituto del Buon Pastore ci volevano imporre (censura mossaci addirittura dal settembre 2011). “Per non contrariare la Commissione….”, ci fu detto da essi. Tanto maggiore è la cattiva coscienza delle proprie omissioni, altrettanto maggiormente si è inibiti nel parlare costruttivamente anche di questi problemi. La nostra rivista, fermamente convinta che il primato della verità (anche quando scomoda) è un bene necessario e preliminare per tutti (Fraternità San Pio X inclusa), respinge con sdegno la via dell’opportunismo, che demanda ad altri il proprio dovere di testimonianza. Infatti di verità scomode, alcune delle quali ben dolorose, Disputationes ha parlato pubblicamente e senza complessi. Sicché ci siamo chiesti all’epoca e ci chiediamo pubblicamente oggi: nella FSSPX, dove si ostenta sempre di parlare pubblicamente, si avrà la consequenzialità di pubblicare la lettera con la quale mons. Fellay ha ottenuto il ritiro del decreto di scomunica, lettera della quale le due parti hanno dato due diverse versioni? Di rendere noti nel dettaglio i risultati delle discussioni dottrinali, come promesso? Di pubblicare il testo “di compromesso” del preambolo che Mons. Fellay ha firmato e inviato ad aprile al Santo Padre? Di chiarire il mistero della lettera di settembre con la quale mons. Fellay avrebbe chiesto ulteriore tempo alla Pontificia Commissione per dare una risposta definitiva sul preambolo - richiesta ufficialmente pubblicata dalla Commissione stessa - in stridente contrasto con l’opposta versione dei fatti data da Mons. Fellay ai suoi fedeli nelle omelie dell’1 e dell’11 novembre, riportate anch’esse - pubblicamente - su internet? Non è forse vero che amiamo tutti la verità e la giustizia? Attendiamo risposta.


La Redazione di Disputationes Theologicae