Omaggio a Pio IX
29 settembre 2014, San Michele Arcangelo
Disputationes Theologicae volendo onorare il Beato Pio IX in questo mese di settembre (il 3 è la data della sua beatificazione e il 20 settembre è la data della croce più dolorosa del Pontificato, l’occupazione di Roma), ha posto alcune domande a Mons. Brunero Gherardini, per lunghi anni Postulatore della Causa di beatificazione del grande Pontefice marchigiano.
1) Disputationes Theologicae: Il sacerdozio cattolico davanti alla facile tentazione liberale. Un dramma moderno vissuto anche dal Beato Pio IX?
1) Disputationes Theologicae: Il sacerdozio cattolico davanti alla facile tentazione liberale. Un dramma moderno vissuto anche dal Beato Pio IX?
Il sacerdozio cattolico può sempre essere esposto
alla “tentazione liberale” seppure in forme diverse, ma è particolarmente a
partire dal Settecento illuminista che il clero cattolico è avvicinato e
talvolta sedotto dalle “Lumières”. I
fattori da valutare sono molteplici, un generale rilassamento su posizionamenti
culturali mondani, un malinteso senso dell’esercizio e del prestigio dell’autorità
ecclesiastica, una crisi della formazione, la stagnazione degli studi tomistici,
seppur con delle lodevoli eccezioni, producono un indebolimento dell’identità
cattolica che talvolta cede alle infiltrazioni del giansenismo o del sensismo,
ma soprattutto del razionalismo. Pio IX vive in un periodo post-rivoluzionario,
che nonostante la Restaurazione (o forse anche a causa di una Restaurazione
condotta male) è percorso da una messa in discussione dei punti fermi del
passato e da una volontà, talvolta sincera, di conciliare il cattolicesimo con
le istanze di rinnovamento presenti nel secolo. Di per sé l’istanza di
rinnovamento, specie in un’epoca che vive una certa stanchezza, non è sempre da
riprovare, il problema è che i nemici della Chiesa sapevano strumentalizzarla
ed incanalarla verso idee di matrice gnostica - seppur in forma ben mascherata
- e verso disegni politici che - dietro parole suadenti - avevano l’intento di
eliminare dalla società Nostro Signore e la Sua Chiesa. Anche sul giovane
Giovanni Maria Mastai Ferretti fece presa l’illusione del rinnovamento: sono
note le sue frequentazioni da Vescovo del salotto del conte Pasolini dall’Onda
in cui circolavano le idee nuove, seppur in chiave moderata; noti sono anche i
suoi primi due anni di pontificato durante i quali fu particolarmente sensibile
alle istanze d’apertura. In particolare i suoi provvedimenti nel Governo degli
Stati Pontifici volevano essere un modo di significare che non era ostile alle
“riforme” come si diceva allora. Va anche ricordato che la Massoneria approfittò
di questo suo orientamento per dipingerlo come “Papa liberale”, per suscitare
l’entusiasmo tra una parte della popolazione e così condizionare le future
scelte di Pio IX, cercando di renderlo prigioniero di un’immagine da essi
stessi creata. Non si può dire che Papa Mastai fu del tutto indenne da tali
condizionamenti, specie in un primo momento, e che si rese pienamente conto della
trappola tesagli. Le processioni con le immagini di Pio IX, specie nel 1846, durante
le quali alcuni liberali inneggiavano ai tempi nuovi e al “loro” Papa, erano il
modo dell’epoca per condizionare il clero - esaltando gli esponenti più “aperti”
- e con esso la politica della Chiesa. E’ forse questo il modo più subdolo che
sollecita il clero - ieri come oggi - verso la “tentazione liberale”: gli Osanna del mondo, che illude il clero su
una possibile conciliazione fra liberalismo e cattolicesimo, in una surreale
pacificazione col mondo moderno. Ma chi ne fa le spese è spesso la sana dottrina
che si trova - seppur con le migliori intenzioni - invischiata nell’errore,
così come la reale libertas Ecclesiae
che si ritrova in catene, e Pio IX se ne accorse: il forzato esilio di Gaeta e
le atrocità delle Repubblica Romana dissiparono ogni eventuale tentennamento.
2) Disputationes
Theologicae: La sua santità nella “rinuncia à se stesso”. Come Pio IX
lasciò da parte l'uomo Giovanni Maria Mastai Ferretti per il supremo bene della
Chiesa.
Quando si rinuncia a se stessi per Cristo, quando si
arriva anche a disprezzare o almeno a correggere e mortificare quel che si
constata in sé stessi non essere conforme al proprio stato, secondo la volontà
di Dio, lì risiede la santità, specie se si è un uomo di Chiesa e persino Sommo
Pontefice. La capacità di far prevalere la funzione sulla persona, Pietro su
Simone. Se alcune debolezze intellettuali potrebbero di per sé non essere
sempre colpevoli, per la santità d’un Papa si richiede una purificazione profonda
non solo dell’azione, ma anche dell’intelligenza. E ciò è richiesto
particolarmente nelle difficoltà dei tempi nostri. La più alta delle facoltà
deve sforzarsi di lasciare quel che può essere nel proprio pensiero anche
indirettamente nocivo alla Chiesa, è la più grande delle rinunce perché ha sede
nella più alta delle facoltà; è davvero la rinuncia a se stessi per essere
fedeli alla Chiesa - e non ai propri orientamenti o personali aspirazioni - per
il supremo bene comune. Quando si analizza la santità dei Papi o dei Re questa
valutazione rapportata alla cura del bene comune s’impone in maniera ancor più
pressante. E Pio IX fece questa rinuncia, se non subito almeno durante il
Pontificato - la qual cosa nulla leva al merito, ne aggiunge forse, essendo
egli stato docile al lavorio della grazia di stato - pronunciando anch’egli il
suo “Aeneam reicite, Pium accipite”.
Se l’uomo Giovanni Maria Mastai ha potuto sbagliare in passato, d’ora in poi
Pio IX metterà tutte le sue forze al servizio della Chiesa, sforzandosi di
pensare in tutto come la Chiesa pensa. Sarà oltraggiato, sarà accusato di
tradimento dai liberali, non sarà compreso da quella parte del suo clero che
preferiva il quieto vivere e le rendite dei benefici ecclesiastici alla Croce
di Cristo, ma andò avanti lo stesso, passando attraverso la satira dei nemici,
l’esproprio dei beni ecclesiastici, gli insulti alla funzione sacerdotale, la
profanazione della Città Santa nel 1870. Né si lasciò influenzare dalla
propaganda dei giornali - che ancor oggi, dopo quasi centocinquant’anni,
continuano ad offenderlo con lo stesso livore, che si pensi al martellamento
nei mesi della beatificazione -, ché il suo essere “Pius” imponeva che difendesse la Chiesa e poco importava se il più
mondano “Aenea” ne avesse a patire. Era
in gioco il bene della Chiesa e la storia dirà quanto il mondo cattolico gli
sia debitore, a lui che lo traghettò durante uno dei momenti più difficili che
abbia mai conosciuto, con prudenza, sagacia, ponderazione e intelligenza
finissima.
3) Disputationes
Theologicae: Come descrivere la carità e la pastoralità del Beato Pio IX?
La carità è l’amor di Dio e l’amor del prossimo per
amore di Dio, la “pastoralità” è la conduzione del gregge secondo quella
prudenza soprannaturale che mira a portare il maggior numero di persone all’unico
fine coi mezzi voluti da Dio e non dagli uomini. La carità di Pio IX s’esercitò
dunque in primis nella verità, con la
sua fermezza nella dottrina e nella politica, con le sue encicliche e i suoi
documenti che in un’epoca di smarrimento riportarono la luce perenne e sempre
nuova delle immutabili verità rivelate, basti citare lo sforzo della
convocazione del Concilio Vaticano I, senza scordare tutta la mole di lavoro
teologico-dottrinale che precedette e seguì il Concilio del Primato. Nulla è più
santamente pastorale per il successore di Pietro che il “confermare i fratelli”
nell’unica vera fede di Cristo, secondo le parole stesse del Redentore. E alla
difesa della verità s’accompagna sempre il martirio, che non sempre è di
sangue, ma che è spesso martirio dell’anima, martirio della reputazione,
martirio per il dolore provato dai propri compagni di battaglia, che hanno
condiviso quella che agli occhi del mondo è una disfatta, come in quel 20
settembre 1870. L’indomani Pio IX, affacciandosi per dare la sua benedizione
agli zuavi pontifici - e qui si vede anche tutta la sua calda umanità - dovette
ritirarsi dal balcone perché non riusciva a trattenere le lacrime, facendo sua
non solo la sofferenza della Chiesa, ma anche la pena di quei giovani valorosi
che contro ogni speranza umana avevano voluto offrire a Pietro il proprio
tributo. Ecco il Pastore amorevole, che fa di tutto perché anche Vittorio
Emanuele II - che oggettivamente aveva ben meritato la scomunica - possa morire
riconciliato con Dio, se necessario revocando temporaneamente il provvedimento in
punto di morte fino agli sperati segni di ravvedimento. Quella stessa carità
pastorale che manda a dire a Garibaldi, allorquando scorrazza per il Lazio:
“dica a Garibaldi che quello che lui chiama il “Vampiro del Vaticano” anche
stamattina ha detto Messa per lui”.
La Redazione