26 novembre 2015, San Silvestro Abate
Negli
scorsi articoli abbiamo cercato di indicare la gravità delle teorie che
predicano un accesso indiscriminato all’Eucarestia, teorie che spesso
sottendono una nozione di Chiesa cattolica - ma anche di Eucarestia - che a ben
vedere non è più cattolica. L’intima connessione dei due dogmi fa sì che tali
attacchi coinvolgano inevitabilmente l’una e l’altra verità. Nello stesso
terreno dottrinale nasce la possibilità di ammettere la cosiddetta “intercomunione”
coi Luterani. Su questo argomento pubblichiamo la risposta di Mons. Brunero
Gherardini, il quale per anni ha tenuto la cattedra di Ecclesiologia ed Ecumenismo
alla Pontificia Università Lateranense, scrivendo numerosi saggi sull’argomento
ed offrendo spesso la sua consulenza su tale materia ai Dicasteri romani. Dalle
sintetiche espressioni del teologo emerge quanto preoccupante sia -
specialmente sul piano ecclesiologico - il diffondersi di certe tesi e della prassi del "fatto compiuto".
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Cosa s’intende per “intercomunione”?
Cosa s’intende per “intercomunione”?
“Per
rispondere in maniera adeguata analizzando anche i documenti più recenti ci
vorrebbe non un articolo, non più articoli, ma un’intera monografia. Si rilevi
anzitutto l’improprietà del termine, non solo perché l’idea d’intercomunione
già di per sé contiene un chiaro riferimento all’idea di partecipazione e non
ha quindi bisogno di sottolinearla con il prefisso inter, ma anche perché il suo ambito semantico s’estende, secondo
la tradizione cristiana più antica, dal sacramento eucaristico alle singole
chiese, colorandosi d’una forte tonalità ecclesiologica. Il termine insomma indica
non solo la consumazione delle offerte sacramentali, ma anche un rapporto tra
chiesa e chiesa o tra confessione e confessione”.
Cosa comporta tale teoria e
cosa vuol significare?
“Dirò
subito che per intercomunione deve intendersi la traduzione sintetica anche se
non onnicomprensiva dell’espressione classica communicatio in sacris. Coloro che son separati dall’unità visibile
della Chiesa o per scisma o per eresia, son per ciò stesso impediti, o tagliati
fuori dalla comunione ecclesiale, e di conseguenza anche dalla comunione
eucaristica; come tali né posson partecipare alla liturgia dei cattolici, né
posson comunicarsi alla loro mensa eucaristica, così come i cattolici sono
impediti di partecipare ai culti di scismatici ed eretici. A fronte di tale
dottrina e relativa prassi, sta la situazione odierna, fiorita in ambienti
ecumenici e tendenzialmente avversa ai limiti della communicatio in sacris. La tendenza non raramente scioglie le
briglie della “scapigliatura” ecumenica e l’intercomunione, con scandalo negli
uni ed entusiasmo negli altri, diventa cosa fatta: quasi il segno dell’auspicata ed in tal
modo iniziata unità”.
E’ possibile l’intercomunione
coi Luterani?
“In
merito alla comunione fra i cattolici e i fratelli separati come eredi della
Riforma o di chiese ad essa ispirate, il loro rifiuto dei sacramenti e della
teologia della transustanziazione e quindi delle presenza sostanziale rende
illecita ed insulsa ogni communicatio in
sacris coi cattolici”.
Il sentimento prende forse
il posto della dottrina?
“In
materia tanto delicata, la pressione emotiva non è buona consigliera. Apprezzo
Von Allmen quando, sottraendosi all’emozione, vuol trattarne “una buona volta
per tutte senza sotterfugi e mezze parole”. Anche a costo di una chiarezza
brutale. Ecumenicamente parlando, proprio questa sembra mancare ai protagonisti
del dialogo interconfessionale. So bene anch’io che la testimonianza di
cristiani, divisi sui fondamenti della loro stessa fede, è meno credibile,
oltre che meno efficace. Ma non sarà un’intercomunione “ad ogni costo” il
motivo d’una loro maggiore credibilità ed efficacia”.
La Redazione di Disputationes Theologicae