5 agosto 2018, Madonna della Neve
Il pontificale in Santa Maria Maggiore |
Il
Cardinal Castrillon si è spento il 17 maggio scorso. Tra i tanti incarichi per
anni fu responsabile della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” e in tale
occasione avemmo modo di conoscerlo, di apprezzarne le qualità, di ricevere da
lui indicazioni di sincero aiuto ed anche di dissentire su alcuni punti. Se è
vero che restava un uomo di Curia di un certo periodo storico, è anche vero che
colpiva in lui quel suo fare diretto, immediato, senza affettazione cortigiana.
Era grande conoscitore - e spesso tessitore - di quella tela politica che è anch’essa
parte della vita della Chiesa Romana, ma non ricordiamo che con noi abbia
indossato “la maschera del potere”. Anche il suo fisico robusto indicava l’uomo
concreto che aveva conosciuto le asprezze del ministero rurale, in un’epoca in
cui gli spostamenti non erano facili. In quell’incontro internazionale del
clero che avvenne in Colombia nel 1998 in preparazione all’Anno Santo, salì a cavallo
e fece quasi un rodeo, mostrando che cavallerizzo era ancora alla sua veneranda
età; scendendo dalla sella prese il microfono e disse ai sacerdoti presenti che
aveva dovuto imparare a cavalcare quando l’unico mezzo perché il sacerdote
raggiungesse certi centri isolati era il cavallo. E terminò dicendo ai
confratelli “vi auguro di usare tutti i
mezzi possibili per portare Gesù Cristo”. Ecco com’era il Card. Castrillon
e questo suo spirito non poteva non riflettersi nella direzione della
Commissione “Ecclesia Dei”, compito non certo facile anche perché non tutte le
scelte dipendevano da lui, più forze facevano pressione nel senso delle
restrizioni e talvolta del vero e proprio abuso canonico ed ecclesiale. Non
scordiamo che ostilità vennero espresse anche da parte dell’Osservatore Romano,
ne parlammo in un articolo nel febbraio 2011 (L’osservatore Romano attacca la“Dominus Jesus” e l’“Ecclesia Dei”?).
Per quel
che possiamo testimoniare ricordiamo in lui un uomo di mediazione, che soprattutto
nel tanto avversato pontificato di Benedetto XVI seppe difendere alcune scelte
non senza determinazione e autorevolezza. Su più punti non si può dire che
avessimo le stesse posizioni, ma va riconosciuto che in merito alla Messa, che
lui chiamava spesso “gregoriana”, ebbe
anche parole belle e coraggiose. Parole e atti. Perché fu lui in quel 24 maggio
2003 a celebrare in Santa Maria Maggiore quel famoso pontificale; oggi in molti
l’hanno scordato, ma ci voleva coraggio all’epoca, e lui lo ebbe. Si potrà
anche legittimamente discutere degli intenti di “recuperare i tradizionalisti”,
alcuni parlarono anche - non senza una certa miopia ideologica - solo di “inganno”
o “specchietto per le allodole”, ma resta il fatto incontrovertibile che pochi
altri Cardinali - specialmente Prefetti di Congregazione e tantomeno un
“papabile” - avrebbero osato indossare quei paramenti, per quel rito, in quella
basilica, in quei tempi.
A tal
proposito era anche autoironico e scherzoso, non arrossiva di citare sorridendo
l’epiteto di “squalo” che Mons. Williamson gli aveva affibbiato, poi con
bonomia aggiungeva che in fondo per la sua abilità politica se l’era meritato;
ma riconosceva al contempo che - seppur da un fronte lontano - quel Vescovo della Fraternità nei suoi
confronti era onesto sia in pubblico che in privato, arrivando a dire che per
un certo verso era, paradossalmente, quello dei quattro Vescovi della FSSPX che
aveva meno una mentalità scismatica.
Fu sotto
il suo mandato che venne riconosciuta ad una Società “l’esclusività del rito tradizionale” e - da galantuomo - tenne fede
ai patti: sotto la sua presidenza quell’accordo non fu mai messo in discussione,
malgrado le pressioni dall’alto e malgrado la disponibilità a svenderlo proprio
da parte di chi avrebbe dovuto difenderlo. E fu lui che sul Concilio Vaticano
II ripeteva - semplificando volontariamente - che i passaggi conciliari
potevano distinguersi in tre tipologie, la prima conteneva affermazioni
condivisibili pienamente da qualsiasi cattolico; la seconda comportava delle
ambiguità, ma era possibile interpretarne i contenuti alla luce della
Tradizione; la terza tipologia poteva apparire difficilmente conciliabile con
la Tradizione e su questi passaggi dovevamo impegnarci – ci disse a voce – ad
un uno “studio serio e costruttivo”,
ad una “critica seria e costruttiva”.
Ed era lui a dirci con forza: “questo è un
gran servizio da rendere alla Chiesa” ! Dopo averla approvata, invece di
tirarsi indietro come fecero tanti altri, era lui ad incitarci alla “critica
costruttiva” e a dirci che sottrarsi a tale compito equivaleva a servire più se
stessi che la Chiesa.
Lo
sappiamo bene e non vogliamo nasconderlo nemmeno in questa sede: non tutte le
scelte che sottoscrisse furono pienamente condivisibili. Il pensiero va al
commissariamento del 2000 della Fraternità San Pietro, che costituì un
tristissimo e fin troppo imitato precedente. Ma è anche vero che non sempre un
Capo Dicastero fa quel che vuole. Ed in più avemmo la netta impressione che la
sua gestione successiva fu tale che quasi volle farsi perdonare quell’errore. Avrà certo fatto i suoi sbagli, ma nella direzione
dell’Ecclesia Dei rappresentò spesso concretezza e buon senso, dichiarando
apertamente che cercava di comporre le situazioni e non di complicarle.
Esasperare le situazioni con vessazioni non produce mai buoni frutti. Anzi
quando si trattò di trovare mediazioni e dare consigli pratici di sicura
utilità, fu sempre disponibile ed affabile, anche quando aveva più d’una
ragione per essere in collera…non è sempre colpa “solo della Curia Romana”…
A chi
doveva aiutare chiedeva una certa comprensione delle oggettive difficoltà della
situazione, che per chi governa non erano sempre d’evidente soluzione. I nemici
della Chiesa e del Papa, alcuni dei quali tesero dei veri e propri tranelli anche
sfruttando le debolezze mondane di certo tradizionalismo, erano all’opera e ce
lo ricordava.
Poi venne
la bufera del 2009, che aveva precisi e premeditati bersagli, di cui uno
importantissimo… Sulla maniera con la quale fu trattato è lecito dubitare che
qualche vendetta si sia abbattuta su di lui, anche per quel suo netto schieramento
e quella sua frase nel Conclave del 2005.
Fu così
che la Commissione Ecclesia Dei finì sotto la Congregazione per la Dottrina
della Fede, per cui di fatto si ridimensionava il suo ruolo a quello di
mediatore con la FSSPX e le sue “dottrine” da sorvegliare. Anche in un recente
incontro, senza nascondere quanto la cosa gli avesse fatto male e rivelandoci anche
alcuni aspetti dolorosi, lamentava che così facendo la Commissione Ecclesia Dei
veniva a trovarsi in posizioni d’estrema debolezza e che il suo ruolo ne risultava
alterato e ridotto. Se
dovessimo sintetizzare il nostro ricordo parleremmo di un Cardinale coraggioso
e fedele agli accordi presi. Pacta sunt
servanda e lui con noi non tradì mai la parola data, anche quando era
difficile mantenerla.
Che il
Signore voglia accorciargli il tempo di purificazione nel Purgatorio e che lui
si ricordi d’intercedere per quei sacerdoti che ha incoraggiato ed anche
ordinato al sacerdozio, là da dove si trova e da dove vede tutto sotto altra
luce.
La Comunità “San Gregorio Magno”