19 maggio 2010

Ascensione: il dogma negato?



di Don Stefano Carusi




Dibattito teologico intorno ad alcune teorie esegetiche moderne
Nel quadro della disputatio theologica, è stata sollevata la seguente obiezione riguardo all’articolo di Mons. Gherardini sulla cristologia contemporanea:

“Ho letto su Disputationes Theologicae alcune severe critiche di Mons. Gherardini alla nuova esegesi, segnatamente contro le posizioni di Bultmann e Karl Barth, dipinti come i maestri di molti esegeti cattolici moderni. Quando a Roma ascoltavo i corsi di esegesi alla pontificia facoltà ... ho appreso che per vedere Cristo nelle apparizioni post-pasquali era necessaria la fede, senza la quale gli Apostoli non avrebbero visto nulla. Ho recentemente letto che anche il biblista Mons. Ravasi avrebbe posizioni analoghe sulla Resurrezione (…). Nel suo famoso e discusso articolo “Non è risorto si è innalzato” (Il Sole 24 ore, 31 marzo 2002) egli parla di “Ascensione-esaltazione-innalzamento” per la Resurrezione e critica il fatto che essa venga apparentata alla resurrezione di Lazzaro. So che su tali teorie già c’era stato un duro scontro scientifico col gesuita Padre Ignace de la Potterie, membro del Sant’Uffizio e del Pontificio Istituto biblico (A. Socci, Intervista a Padre de la Potterie, ne Il Sabato, 14 novembre 1992, p. 60 e ss). Oltre al punto di vista strettamente esegetico mi chiedo se il dibattito è libero anche dal punto di vista dogmatico e magisteriale (…)” .





L’obiezione è di estremo interesse, cercheremo di rispondere sinteticamente indicando in generale i limiti dogmatici che non possono essere oltrepassati e che invece sono spesso gravemente infranti. E’ noto che negli ambienti esegetici di frontiera l’incontro degli Apostoli con il Cristo risorto è re-interpretato in chiave immanentista e non più come un “fatto storico”. Lo stesso accade con l’Ascensione, che diventa quasi una “seconda descrizione” della Resurrezione, differita di quaranta giorni, e fatta propria dagli Apostoli che “prenderebbero sempre più coscienza”, nell’intimo della loro fede, del fatto che Cristo è ora accanto a Dio. Questo stato di convincimento, iniziato il giorno di Pasqua, crescerebbe fino ad avere la visione dell’Ascensione, che non è più una realtà fisica, ma quasi un’allucinazione del credente. La fede nella fisicità dell’Ascensione è spesso la cartina al tornasole del reale pensiero di certi teologi sulla fisicità della Resurrezione, per questo motivo i due grandi misteri della nostra fede possono essere uniti nel dibattito [1]. Se in effetti un corpo per poter essere al cielo deve salirvi, è perché fino a quel momento esso si trovava realmente, nel senso di “fisicamente”, sulla terra. Il corpo del Risorto è un corpo reale, in carne ed ossa, glorioso certo, ma che è reso fisicamente visibile e tangibile per volontà del Redentore. E’ vero che esso appare ai discepoli e poi dispare, ma non perché sia un’allucinazione, ma perché Cristo vuole che gli Apostoli sappiano che è Lui che vuol rendere visibile agli occhi umani il Suo corpo glorioso[2]. Così come è un potere del corpo glorioso di Cristo, che è il Verbo incarnato, il fatto di essere allo stesso tempo in un luogo ove è già un altro corpo, in effetti Gesù per entrare nella stanza anche a porte chiuse deve attraversare il muro (Gv 20, 19); ciò non significa che Gesù non avesse corpo fisico, ma significa che il corpo glorioso del Verbo non è sottomesso alle leggi naturali della materia, esso può esistere nello stesso luogo ove sia un altro corpo (in questo caso la parete)[3]. Dio non è condizionato dalle leggi naturali della materia, così come non lo era nella Sua nascita virginale (dogma messo in discussione dalle stesse scuole esegetiche per analogo motivo)[4]. Gesù risorto non è un fantasma, né un’apparizione fugace nell’immaginazione, ma è semplicemente un uomo in carne ed ossa che è anche Dio, al quale è possibile il miracolo.
Nel Vangelo di Luca poco prima della narrazione dell’Ascensione, Gesù dice: “Guardate le mie mani e i miei piedi, toccatemi ed osservate: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho. E mentre diceva queste cose mostrava loro le mani e i piedi” (Lc 24, 39-40). Gesù ha passato quaranta giorni sulla terra (At 1, 3), quaranta giorni nei quali si è mostrato ai discepoli in tutta la sua palpabile corporeità. I suoi piedi e le sue mani avevano i fori dei chiodi, le parole da lui pronunciate potevano essere udite, i pesci arrostiti che mangiava erano veramente assunti come cibo. Presenza terrestre che termina con l’Ascensione: “poi li condusse fuori, fin verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e si sollevò su nel cielo” (Lc 24, 49). Il Vangelo di Marco: “ Il Signore Gesù, dopo aver loro parlato, fu assunto nel cielo e siede alla destra di Dio” (Mc, 16, 19). Secondo gli Atti: “E detto questo, mentre essi lo guardavano, si levò in alto ed una nube lo nascose ai loro occhi” ( At 1, 9).