“Il 15 ottobre scorso, ho avuto l'onore di scrivere a Vostra Santità affermando il mio filiale rispetto a tali ordini.
Tra questi c'era quello per cui, nell'eventualità che "in coscienza io non fossi d'accordo con gli atti dell'attuale Magistero Ordinario della Chiesa", "manifestassi liberamente alla Santa Sede" il mio parere. È quel che faccio, con tutta la riverenza dovuta all’Augusto Vicario di Gesù Cristo, consegnando a Vostra Santità i tre studi allegati.”
Mons. Antonio de Castro Mayer |
Il nodo teologico della “libertà religiosa”, così come descritta nel documento conciliare Dignitatis Humanae - al n. 2 in particolare - ha suscitato innumerevoli studi e proposte interpretative nella linea oggi ribattezzata “della continuità ermeneutica”. Finora i tentativi, benché di estrema erudizione teologica, si sono rivelati poco convincenti.
Il Vescovo della diocesi di Campos, Mons. De Castro Mayer - oggi ingiustamente dimenticato - si rivolse rispettosamente al Papa Paolo VI, in qualità di membro della Chiesa docente; i Vescovi infatti, prima d’ammaestrare il proprio gregge, ricevono un insegnamento dal Sommo Pontefice ed è prassi che ad Esso facciano appello per sapere quale sia l’interpretazione autentica di un testo loro proposto. Nello studio e nella supplica del Vescovo brasiliano, la schiettezza teologica si unisce al filiale - ed altrettanto teologico - rispetto verso il Successore di Pietro. Da figlio devoto della Chiesa, ma senza nascondere la verità, il presule conduce uno studio teologico di una disarmante semplicità, ripercorrendo il pensiero costante della Chiesa; non riuscendo a trovare una soluzione alla questione e vedendo la pericolosità della situazione si rivolge a Chi da Cristo ha ricevuto le chiavi, perché - per parafrasare il padre greco Teodoro Studita - la Sua parola, il Suo “calamo divino”, i suoi scritti, hanno il potere di dissipare i branchi di lupi che infestano la casa di Dio: “Lupi graves irruerunt in aulam Domini (…) habes potestatem a Deo… Terreto, supplicamus, haereticas feras calamo divini verbi tui”.