18 ottobre 2014

Mons. Livi analizza la “Nuova Ecclesiologia” di Hans Küng

18 ottobre 2014, San Luca Evangelista

Disputationes Theologicae ha, nei giorni scorsi, riproposto la lettura di alcuni articoli - pubblicati già negli scorsi anni - con una rubrica ad hoc: “Alle radici ideologiche del veleno sinodale” (cfr. colonna di destra).
Per approfondire le premesse che hanno condotto all’attuale baratro dottrinale ed ecclesiale, di cui gli eventi sinodali di questi giorni sono solo il fenomeno più evidente, ha chiesto a Mons. Antonio Livi, decano emerito di Filosofia della Lateranense, un contributo per risalire alle radici filosofico-teologiche della “Nuova Ecclesiologia”.
L’attenzione si è concentrata su uno dei più significativi ed influenti esponenti della “falsa teologia”, per riprendere un’immagine cara all’autore (cfr. A. Livi, Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2012).
                                                                                                                                                         S. C. 


Antonio Livi


L’ecclesiologia di Hans Küng



Hans Küng


L’ecclesiologia di Hans Küng merita di essere attentamene esaminata perché oggi essa non ha un peso teologico marginale ma costituisce proprio l’ideologia filosofico-religiosa dominante in ambito cattolico. Le categorie concettuali e le fonti letterarie principali sono quelle della Riforma luterana e della filosofia religiosa di matrice luterana, rappresentata nell’Ottocento dal sistema idealistico di Georg Friedrich Hegel e nel Novecento dalla «dogmatica ecclesiale» (die Kirchliche Dogmatik ) di Karl Barth. I capisaldi di questa ideologia filosofico-religiosa sono rappresentati dallo storicismo e dalla dialettica immanentistica. La Chiesa cattolica viene così interpretata come un momento storico della dialettica dello Spirito (inteso, questo, non tanto come lo Agion Pneuma del dogma cattolico quanto piuttosto come «der Geist» di Hegel), la quale mira a uno svolgimento nel prossimo futuro che vedrà, come prima tappa, l’abbattimento delle barriere dottrinali tra cattolici e protestanti (con la piena accettazione della concezione luterana della «giustificazione per sola grazia») e la costituzione di una sola “Chiesa di Cristo” (ecumenismo); infine, come seconda e definitiva tappa, la costituzione di una “Chiesa universale” su base esclusivamente etico-politica (la «Weltethik»). Tale ideologia pervade oggi, come sottofondo ben identificabile a un’attenta analisi concettuale, la maggior parte delle proposte (dottrinali o pastorali) dei teologi cattolici più in vista, a cominciare da Karl Rahner, che lo stesso Hans Küng considera un maestro e un modello nell’adottare in teologia la dialettica di Hegel (1). Questi teologi cattolici, molti dei quali divennero vescovi, esercitarono una ben documentata influenza sui lavori del Vaticano II, per poi assumere il ruolo (arbitrario) degli unici interpreti autorevoli del Concilio nel successivo cinquantennio, fino ad arrivare, oggi, alla preparazione e allo svolgimento dei lavori del duplice Sinodo sulle possibili modifiche della prassi pastorale in relazione ai problemi delle famiglie. Figura di spicco di questa corrente teologica è il cardinale Walter Kasper, sostenuto da gran parte dell’episcopato tedesco e in Italia da altri teologi divenuti cardinali come Dionigi Tettamanzi e Gianfranco Ravasi. La sua tesi più caratteristica, in linea con le proposte teologico-morali di Hans Küng, è la necessità di accelerare il processo di riforma della Chiesa con