Testimonianze storiche ed
archeologiche
(I)
19 marzo 2015, San Giuseppe
Lo studio della liturgia antica, in particolare romana, si scontra fin dal suo delinearsi, con la difficoltà a ricostruire con precisione la disposizione dello spazio presbiterale dei primi otto secoli dell’era cristiana. Non è sempre facile ricostruire con precisione lo spazio absidale e la stessa posizione dell’altare con i relativi arredi pone ancor oggi dei problemi in parte irrisolti. Sappiamo con certezza che in epoca medievale e moderna la prescrizione della presenza della croce in corrispondenza della mensa è raccomandata come fondamentale dai messali e dalla tradizione dei diversi riti. Siamo anche certi che già a partire dai primi secoli del secondo millennio, nelle differenti famiglie liturgiche dell’orbe cristiano, la rappresentazione nello spazio d’altare della croce è ormai generalizzata: la sua presenza ricorda il sacrificio del Venerdì Santo e sottolinea il significato teologico della Messa. Più discussa fra gli studiosi è l’epoca dell’introduzione di tale elemento come arredo centrale dell’altare, soprattutto se il dibattito storico riguarda il primo millennio dell’era cristiana.
Nell’analisi
che segue si tenterà di approfondire il legame simbolico-liturgico tra la
celebrazione eucaristica, l’altare e la croce. Si cercherà, a seconda dei
territori analizzati e con particolare riferimento alla penisola italiana, di
verificare se sia possibile proporre una datazione relativa alla sicura
presenza della croce in ambito cultuale, quale elemento fondamentale e centrale
nella disposizione dell’altare.
E’ bene
premettere che le fonti letterarie e i ritrovamenti archeologici in proposito
sono di una disarmante esiguità e che i ritrovamenti locali e sporadici -
tenendo conto anche del particolarismo liturgico dell’orbe cristiano antico -
mal si prestano a generalizzazioni troppo affrettate. E’ noto che nel campo
della storia della liturgia la prudenza deve essere particolare preoccupazione
del ricercatore, non solo per la delicatezza dell’argomento, ma anche perché le
molte ricostruzioni accademiche fatte “a tavolino”, hanno col tempo rivelato le
incertezze e le incongruenze di tesi audaci e a volte infondate. Per converso è
noto quanto il conservatorismo rituale incida sulla liturgia, al punto che,
almeno fino ad epoca recente, è più facile incontrare usi di cui si fosse persa
la ragione che assistere ad introduzioni ex
nihilo. Nel caso di una tradizione nota e ricorrente - come la presenza
della croce sull’altare - è metodologicamente più corretto dimostrare l’epoca
della sua introduzione, piuttosto che negarne l’esistenza in epoca antica sulla
base di silenzi delle fonti, giacchè l’assenza di prove non è sempre prova di
un’assenza[1].
Per inciso giova anche rammentare che la
storia della liturgia si trova, per più ragioni, esposta a interpretazioni
spesso arbitrarie; la proiezione nell’antichità di dibattiti teologici recenti
ha spesso falsato la panoramica e un
primitivismo dalle utopie retrospettive ha attribuito ai cristiani della tarda
antichità problemi molto lontani dalle loro menti.