di Antonio Livi
(II)
Mons. Antonio Livi |
Per leggere
la prima parte dell’articolo cliccare QUI.
Alcuni
esempi di come Kasper, ricorrendo a categorie filosofiche inadeguate, non
riesca mai a interpretare correttamente il dogma eucaristico.
In
seguito alla pubblicazione dell’enciclica Ecclesia
de Eucharistia di papa Giovanni Paolo II[18], Walter Kasper volle commentarla in
lunga intervista alla rivista italiana Trentagiorni
per valutarne gli “effetti” nei confronti del dialogo ecumenico[19].
Leggendo le sue risposte si comprende come egli guardi
all’Eucaristia in un’ottica umanistica e sociologica, che è l’ottica con la
quale egli crede di dover affrontare da teologo i temi dell’ecclesiologia. In
effetti, l’argomento pressoché unico di tutti gli scritti e i discorsi di Kasper
è la Chiesa, vista però non come mistero soprannaturale intrinsecamente
connesso ai dogmi della Trinità e dell’Incarnazione, bensì come una realtà
umana sociologicamente rilevabile, che
dal teologo tedesco viene identificata con la comunità di quanti professano la
fede in Cristo, una comunità che è dinamicamente proiettata verso l’avvento del
“Regno” e che oggi è chiamata a superare le divisioni confessionali del passato
tra cattolici, ortodossi e protestanti. Al fine ultimo dell’azione
ecumenica Kasper riduce ogni altro aspetto della Chiesa e dell’Eucaristia nella
vita della Chiesa; l’Eucaristia come sacramento in senso proprio resta in un
secondo piano, mentre in primo piano viene collocata la Chiesa, la cui “sacramentalità”,
enunciata dal Concilio, è però da intendersi in senso soltanto improprio, cioè
derivato per analogia. Sicché l’inevitabile ammissione della natura sacrificale
della santa Messa (inevitabile in un commento all’enciclica, che di questo
principalmente tratta) va di pari passo, nel discorso di Kasper, con la
mancanza di ogni riferimento alla “presenza reale” di Cristo nell’Eucaristia, e
quindi al culto di adorazione che la Chiesa le tributa, sia nella liturgia che
nella pietà individuale dei fedeli. Ecco in proposito le parole di Kasper:
«Nel nostro
tempo si assiste a tutta una fioritura di rituali prodotti quasi a ritmo
commerciale, ma sembra perdersi la percezione stessa della specificità storica
dei sacramenti cristiani. Per riprendere un’immagine usata una volta dal
cardinale Danneels, si assiste a una sorta di atrofizzazione, di
"accecamento", per cui non si percepisce più la sacramentalità della
Chiesa stessa, soprattutto nelle terre di antica evangelizzazione. Già il
Concilio Vaticano II, con la costituzione Lumen gentium e con quella
sulla liturgia, ha richiamato la natura sacramentale della Chiesa. Ma dopo si
sono registrati una banalizzazione, un appiattimento, che certo non possono
essere imputati al Concilio. Anche grazie al dialogo coi fratelli protestanti
abbiamo imparato l’importanza del ministero della Parola. Ma intanto i
sacramenti rischiano di non essere più il punto di gravità della
pastorale cattolica»[20].