25 aprile 2020

Sull’“abolizione” del Vetus Ordo


Un’ipotesi sull’espressione “forma ordinaria/straordinaria

25 aprile 2020, San Marco

Riceviamo e pubblichiamo.
                                                          
                  
Alcune osservazioni a margine
del Motu Proprio “Summorum Pontificum


1. Due cose che suscitano sorpresa

Quando il 7 luglio 2007 è stato promulgato il Motu Proprio di Benedetto XVI “Summorum Pontificum”, due affermazioni in esso contenute hanno suscitato la sorpresa, sorpresa che però fu piccola cosa rispetto al pronunciamento generale che costituiva il documento, il quale determinò gioia tra i conservatori, indignazione tra i progressisti.

La prima di queste affermazioni è che la forma straordinaria e la forma ordinaria sono due forme dello stesso rito romano (articolo 1 del Motu Proprio). Chiunque abbia familiarità con queste due forme è sorpreso nel constatare che, nonostante una struttura simile, è difficile parlare di unità di rito. La struttura è simile, ma lo stesso vale per altri riti occidentali (ambrosiano, mozarabico), che nessuno si rifiuta di chiamare “rito distinto”. La Messa di Paolo VI rompe definitivamente con alcune caratteristiche del rito romano, quali la presenza di un’unica anafora (nella Messa di Paolo VI abbiamo una molteplicità di cosiddette preghiere eucaristiche), o l'esistenza delle memorie, cioè una possibile molteplicità di preghiere (orationes) per una sola Messa (nella Messa di Paolo VI la “memoria” ha cambiato il suo significato e determina il rango liturgico di un determinato giorno). Osservando i riti orientali, si può notare che la Messa chiamata “tridentina” ha molti più punti in comune con i riti orientali che con la Messa di Paolo VI, la quale in quanto rito assomiglia piuttosto ai servizi della chiesa calvinista. Possiamo quindi concludere in merito a tale affermazione del Motu Proprio che non si tratta di una descrizione teologica della liturgia, ma di una finzione giuridica, che, per un motivo da determinare, qualifica la Messa tridentina e la Messa di Paolo VI come due forme dello stesso rito, così come l'Unione Europea considera la carota un frutto e la lumaca un pesce. Sono esse delle finzioni giuridiche, basate piuttosto su ciò che è nell’ordine della somiglianza estrinseca.