- gli Statuti dell’IBP sono in pericolo
- i ricorsi non sono irricevibili
Gli unici che possono parlare liberamente? |
13 ottobre 2013,
Anniversario dell’ultima apparizione di Fatima
Questa
rivista mentre si raccoglie in preghiera per
“la pace di Cristo nel Regno di Cristo”, in questo giorno per cui è
stato annunziato il rinnovamento della consacrazione del mondo al Cuore
Immacolato di Maria, informa i lettori degli aggiornamenti circa la situazione
interna del Buon Pastore.
A
seguito del nostro ultimo editoriale, è stata ventilata al Direttore l’ipotesi
di riconsiderare il trasferimento in Colombia, deliberato dal Commissario a
causa del penultimo articolo (ed ora naturalmente, in ragione del ricorso
alla Segnatura, “in suspensivo”).
Ovviamente la risposta a questo e ad altre proposte del genere è stata che il
punto nevralgico non è questo. Se sul cruscotto s’accende una luce rossa non è
coprendola che il problema si risolve. Quand’anche la destinazione fosse
l’amata terra d’Italia, la cosa in sé lascerebbe dunque il tempo che trova.
Forse tale proposta avrebbe il senso di una riconsiderazione della linea del
bavaglio, che si voleva imporre a questa rivista (cfr. Disputationes non silascia imbavagliare)? Non si vedono
tuttavia elementi stabili e solidi in tal senso.
In
ogni caso notiamo che anche l’ultimo editoriale non è stato accolto con
indifferenza: tutt’altro, esso ha invece concorso a suscitare le reazioni più
varie. Alcuni, anche lontani dalle nostre posizioni (tra cui cattolici non
praticanti e persino non cattolici), ci hanno espresso testimonianze di stima,
talvolta in maniera sorprendente e commovente. Altri che in teoria sono più
vicini, “fanno il tifo” in privato per l’accoglimento dei ricorsi da parte
della Segnatura Apostolica, ma di rischiare di compromettersi in prima persona,
no di certo! Ma che senso ha venire nell’IBP per poi installarsi nella
“palude”? Altri ancora infine hanno manifestato scetticismo e difficoltà a
comprendere il senso del ricorso al Tribunale della Segnatura. Proviamo dunque
ad illustrarlo ulteriormente, nella consapevolezza, tuttavia, che le “verità
scomode” difficilmente saranno comprese da tutti...sono proprio questi,
purtroppo, gli aspetti più dolorosi di questa vicenda.
Il
senso di tale atto è anzitutto quello di non lasciare a metà una battaglia
ideale, tirandosi indietro al primo ostacolo (con mentalità più mondana che
cristiana). Una battaglia identitaria in difesa delle specificità dell’IBP, senza
le quali perché non andare - ad esempio - nell’attuale Fraternità San Pietro?
Perché preferire l’IBP? Soltanto perché l’organigramma della FSSP è già
completo?
Una
battaglia per il diritto e la giustizia. Una battaglia per la franchezza
ecclesiale. Una battaglia contro il cancro del servilismo e dell’opportunismo
nella Chiesa. Se ci stiamo battendo, se continuiamo a batterci, è per questi
valori. Le settimane scorse un giornalista liberale scriveva, a riguardo di
altre questioni : “una trappola pensare
di arrendersi […] E poi non (si) sottovaluti che nella vita, oltre a questioni
economiche, capita di doversi giocare anche dignità e principi”. Com’è
possibile che quanto sembra comprendere un giornalista liberale, non lo
comprendano degli ecclesiastici tradizionalisti? Quanto a noi, ci siamo detti:
qualsiasi cosa dirà il Tribunale della Segnatura, noi avremo fatto il nostro
dovere.
C’è
poi un importante aspetto di chiarificazione in quest’iniziativa: essa è anche
una “cartina al tornasole”, tramite cui la Provvidenza ci darà dei segnali per
il futuro.
In
effetti qualche ulteriore elemento di chiarezza sta già emergendo. Alla
Segnatura era stato inoltrato ricorso sia in ordine ad aspetti vari (da don
Stefano Carusi), sia, e soprattutto, in ordine al rifacimento del corpo elettorale
(dal medesimo e da due altri sacerdoti). Sul primo punto una prima risposta è
già pervenuta ed ha fornito intanto il seguente elemento:
“Ad rationes cognoscendas de necessaria
Superioris Generalis electi confirmatione quod attinet, attendendum est in casu
non agi de actu administrativo singulari, sed potius, uti Rev. dus Recurrens
innuit, de mutatione statutorum, ex qua, tamen, si et quatenus, gravatus erit
Superior generalis electus.” (Supremum
Apostolicae Signaturae Tribunal, Prot. n. 48339/13 CA PICTAVIEN.,
Electionis Rev.dus St. Carusi- Pontificia Commissio “Ecclesia Dei”, 17 sett.
2013, pag. 2 ).
“Quanto
alle ragioni richieste in merito alla necessaria conferma del Superiore
Generale di cui è questione, è da valutarsi che nel caso specifico non si
tratta di un atto amministrativo singolare, ma, così come il Rev.do Ricorrente
indica, di una modifica degli Statuti, della quale sarà gravato, tuttavia, se
possibile, il Superiore Generale eletto."
Chi
si illudeva dunque che la preoccupazione per gli Statuti (e soprattutto per ciò
che essi esprimono) fosse di dubbia fondatezza, si trova sonoramente
contraddetto dallo stesso Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica: la
questione c’è - tant’è che viene espressamente evocata - e stimola ciascuno a
prendere coerentemente posizione. Gli Statuti, approvati pochi anni fa dalla
Santa Sede, sono a rischio prossimo di modifica: e non per scelta libera,
lineare, trasparente, ma quasi in sordina, con una sorta di blitz. Possiamo accettare tutto ciò in
silenzio?
Sulla
questione in generale, e specialmente sul secondo punto ovvero il rifacimento
del corpo elettorale, un’altra missiva della Segnatura a Don Stefano Carusi
(Prot. 48339/13 CA PICTAVIEN. Electionis - 4 ottobre 2013) informa che il
ricorso è stato ammesso alle ulteriori fasi del procedimento. Dunque, aldilà di
quel che sarà l’esito finale, quantomeno si può dire che la questione posta non
era assurda né irricevibile… Ci vorrà ancora un po’ di pazienza: bene, abbiamo
giusto qualche articolo di teologia “pendente”, di cui ora avremo forse il
tempo d’occuparci.
La Redazione di Disputationes Theologicae