Riflessioni
a margine di un intervento del “papabile” Card. Tagle
31 maggio 2015, Maria Regina
Quali
sono le manovre in vista del prossimo Sinodo d’ottobre e del post-Sinodo? Si
concederà apertamente la Comunione ai pubblici peccatori o la sovversione
prenderà forme meno vistose, ma non meno efficaci? Alcune recenti dichiarazioni
del Card. Tagle ci mettono sulla pista che il partito progressista - memore
della scottante bocciatura della “linea Kasper” al Sinodo dell’ottobre 2014 -
potrebbe percorrere se dovesse andargli male anche quello del 2015. Manovre in
cui una certa scaltrezza gesuitica potrebbe sommarsi all’ambiguità sfuggente
del modernismo.
Nella
realtà dei fatti già la pretesa alla ricezione indegna della Santissima
Eucarestia - come ha detto coraggiosamente il Card. Burke - ha ricevuto un
incremento esponenziale, a causa delle aspettative ingenerate dalla scandalosa Relazione introduttiva al Concistoro del
febbraio 2014, affidata al Card. Kasper, e della generale percezione che questa
linea abbia il sostegno di più alta autorità.
Per dar l’idea delle tendenze in crescita si pensi al recente intervento
di un Vescovo della Colombia, Mons. Cordoba, che in occasione di un forum, pur
dicendo che “la Chiesa non riconoscerà
mai come famiglia l’unione tra persone dello stesso sesso”, ha anche detto
: “nessuno ha scelto di essere
omosessuale o eterosessuale. Semplicemente si sente, si ama, si sperimenta, ci
si attrae. E nessuna attrazione di per sé è cattiva (…) il peccato è un’altra
cosa. E’ semplicemente il non rispettare la dignità degli altri (…). Fratelli
omosessuali, nel caso vi sposaste, abbiate belle famiglie, basate sulla
fedeltà, ed educate i figli con amore” (Cfr. Semana, 14 maggio 2015). Non risulta che questo Vescovo sia stato
commissariato o destituito, come ben poco misericordiosamente è stato fatto con
altri di linea opposta…
Ma
particolarmente emergono le dichiarazioni del Card. Tagle. Un prelato il cui
nome circola insistentemente come “papabile” (forse anche per certi problemi di
salute di Papa Bergoglio, noti ai Cardinali elettori solo dopo l’elezione).
Cercheremo in questa sede d’analizzare tali affermazioni, soprattutto perché
non ci si riduca unicamente ad aspettare il nemico ad un varco dal quale
potrebbe non passare e perché non ci si lasci ostinatamente illudere.
La logica del Cardinal Tagle,
rivelatrice dei prossimi rischi
Volto
sorridente e giovanile, grandi capacità mediatiche, Luis Antonio Tagle viene
dal terzo mondo, ma ha studiato bene
negli Stati Uniti, il che gli ha dato una certa dimestichezza con certe lobby -
ecclesiastiche e non ecclesiastiche - occidentali. L’estrazione geografica,
sommata all’appartenenza alla corrente progressista ed eventualmente al
sostegno del partito “diplomatico-curiale” (confermandogli per esempio la
Segreteria di Stato), rischia di consentire che al prossimo Conclave si ripeta
lo scenario dell’ “operazione-Bergoglio”. L’attuale Vescovo di Manila è anche
giovane e - con un pontificato potenzialmente lungo - potrebbe attuarsi quel
progetto collegato alla “sperata” elezione del Card. Martini: ovvero la
capitolazione ai poteri mondialistico-massonici, anche laddove i pontificati
precedenti non cedettero (morale e famiglia).
Leggiamo dunque la conversazione che il Cardinale ha avuto con il
quotidiano Daily Telegraph. Il
Vescovo di Manila ha esordito : “Penso che anche il linguaggio è già cambiato, le dure parole usate in
passato in riferimento a persone gay e quelle divorziate e separate” erano “molto
gravi”[1]. Vedremo tra poco cosa c’è
dietro il vecchio espediente del “linguaggio”, notiamo per ora l’eloquente
sintonia con la campagna martellante dei media e dei promotori della “dittatura
del relativismo” che gli stanno dietro...
Egli,
rispondendo alle domande del giornalista, ha favorevolmente ribadito il
progetto di cambiare la “prassi pastorale” della Chiesa per permettere alle
persone che vivono unioni “irregolari” di ricevere la Comunione. Ha ribadito la
proposta del Cardinale Kasper, affermando che dovrebbe essere materia di
discussione per i “casi
individuali ”.
E’
interessante notare che dall’intervista sembra proprio trasparire quale sarà la
linea dei fautori del Vaticano III per il futuro prossimo:
“La Chiesa deve tener conto delle recenti
tendenze sociali e della miglior comprensione della psicologia”. Ha dichiarato: “Dobbiamo ammettere che
tutta questa spiritualità, questa crescita in misericordia e l'attuazione della
virtù della misericordia è qualcosa che dobbiamo imparare sempre di più. In
parte sono anche i cambiamenti di
sensibilità culturale e sociale che fanno sì che ciò che costituiva nel
passato un modo accettabile di mostrare misericordia... ora, data la nostra mentalità contemporanea, non
possa essere più visto allo stesso modo”.
“Molte
persone che appartenevano a questi gruppi sono state marchiate e ciò ha portato
alla loro emarginazione dalla società in generale. Non so se questo è vero, ma
ho sentito che in alcuni ambienti, ambienti cristiani, la sofferenza che queste
persone hanno subito è stata anche considerata una conseguenza legittima dei
loro errori, e così spiritualizzata in questo senso”[2].
Ecco
posta la premessa delle allarmanti affermazioni che seguiranno e che, come
vedremo, ne sono la logica conseguenza: tutto il discorso si fonda sul
relativismo soggettivista anziché sul diritto naturale e la Rivelazione.
L’accento, più che sulla fedeltà alla verità e sul bene oggettivo dell’anima, è
posto sui fattori soggettivi e sociologici del momento. Siamo davanti al più
tipico substrato dell’eresia modernista, in cui quel che conta - più che la
valutazione dell’oggetto - è la personale percezione del singolo soggetto,
rileggendo ogni cosa in chiave immanentista e alla luce della “vita vissuta” di
ciascuno. La Nuova Morale della “chiesa in uscita” - quindi - “esce” dai
parametri cattolici e dalle valutazioni oggettive, per modellarsi sull’
“individualità” o meglio sulla “percezione individuale” e sui fenomeni sociali
del momento. L’idea di peccato (termine quasi scomparso anche in certi ambiti
ufficialmente cattolici) viene calcata sul soggetto, o piuttosto sul pervasivo “pensiero
unico” del politically correct, e
così - in pratica - tale nozione viene dissolta. E’ l’uomo che “si dà” la legge
da seguire, è l’uomo che - quasi “creando se stesso” - si autodetermina e
autoregola indipendentemente. Non è più Dio, Creatore e Legislatore, che ordina
il mondo e il fine delle creature, ma - in parole povere - è l’uomo che si fa
Dio.
Ecco
il processo che sta dietro a questi fenomeni e che è una realtà di portata ben
più ampia dei punti specifici dei “divorziati risposati” e degli omosessuali.
Siamo davanti all’assalto finale del pensiero gnostico-massonico alla Chiesa di
Cristo, e si noti il rovesciamento diabolico che è sotteso a questi discorsi:
non si vede più l’attualità alla luce della
fede, ma si vede la fede alla nebbia
dell’attualità (attualità, tra l’altro, mediaticamente manipolabile).
Ma
leggiamo le seguenti parole del Cardinale:
“Ogni
situazione di coloro che sono divorziati risposati è abbastanza unica. Alla
fine avere una regola generale potrebbe
essere controproducente. La mia posizione in questo momento è chiedere,
'Possiamo prendere sul serio tutti i casi ed esistono lì, nella tradizione
della Chiesa, dei percorsi per
affrontarli individualmente caso per caso?' Questa è una questione su cui
spero che la gente apprezzerà il fatto che non è facile dire 'no' o dire 'sì'. Non possiamo dare una formula per tutti”[3].
Si affaccia quindi la coerente concretizzazione “pastorale” di tutte queste premesse ed attiriamo a questo punto ancor più l’attenzione del lettore sulle righe seguenti, perché siamo forse davanti al pericolo di far rientrare dalla finestra quello che non si è riusciti a far entrare dalla porta:
“Qui, almeno per la Chiesa cattolica, vi è un approccio pastorale che avviene nelle consulenze, nel sacramento
della riconciliazione dove le singole persone e i singoli casi vengono
presi singolarmente o individualmente
in modo che l'aiuto, la risposta pastorale, possa essere data in maniera
adeguata alla persona”[4].
"A
buon intenditor poche parole”. Il Card. Tagle non starà forse rivelando, tra
l’altro, il futuro imprecisato ruolo dei cosiddetti “Missionari della
Misericordia”? Per ammettere i divorziati cosiddetti “risposati” alla Comunione
o per sdoganare le “coppie” omosessuali, non si passerà forse dal Confessionale, “caso per caso”, trovando
così una via d’uscita meno “rumorosa” al problema? Ispirandosi coerentemente a tale
soggettivismo, non si finirà per dare a certi “Missionari della Misericordia”
l’ordine ufficioso-misericordioso di dare il permesso ai penitenti di accedere
alla Comunione, anche se quest’ultimi si trovano in oggettivo stato di peccato
mortale e intendono permanervi? La cosa non sarebbe forse coerente con tutte
le concatenate affermazioni del Card. Tagle?
Se
non si può cambiare dichiaratamente la dottrina, si cambi la prassi; poi la
dottrina si sgretolerà da sola. E che la rivoluzione vada avanti…Marxismo docet.
E
la via del “Confessionale facile” - e in tal caso profanato - sarebbe una via
“praticissima” e “capillare” per “dare inizio alle danze” non solo nelle
diocesi e nelle parrocchie d’avanguardia, ma anche eventualmente servendosi degli
“inviati speciali” della “Misericordia”.
La gravità di tale occasione prossima
di profanazione del Confessionale
(can. 1387)
Non
tutti sanno tuttavia che tale “proposta” non solo è un’istigazione al
sacrilegio nella Confessione, non solo cela gravissime conseguenze dottrinali,
ma è anche di fatto già condannata, non solo dalla vera Tradizione della
Chiesa, ma anche dal vigente Codice di Diritto canonico (can. 1387), che
prevede ancor oggi severe sanzioni pei sacerdoti che si macchiano di tale
colpa, fino alla dimissione dallo stato clericale.
Il sacerdote infatti che conforta il penitente nel suo stato peccaminoso, che lo autorizza di fatto a restarvi, protraendo la convivenza more uxorio col concubino (perfino omosessuale), con tutti gli aspetti che ciò ordinariamente comporta (o di cui è comunque occasione prossima), ed aggravando il suo consiglio addirittura “autorizzandolo” al sacrilegio dell’Eucarestia, non può incorrere in quel grave delitto che i teologi chiamano “sollecitazione alle cose turpi” (sollicitatio ad turpia)? Delitto che il Codice punisce severamente anche quando non vi sia complicità diretta del sacerdote nel misfatto[5]. Di fatto, come può non risolversi in un più o meno diretto invito a permanere in peccati anche particolarmente gravi?
Un
simile progetto - qualora fosse pervicacemente confermato - sarebbe
semplicemente satanico: profana
l’Eucarestia, profana la Confessione, spande l’errore usando il Sacramento,
protegge il diffusore di eresie dietro la santità del sigillo sacramentale. Un
colpo maestro di Satana.
Quale Misericordia?
Come
se tutto ciò non bastasse un ulteriore danno è l’alterazione, e talvolta il
discredito, che così si arreca a quella gran cosa che è la Divina Misericordia,
strumentalizzando tra l’altro gli spaventosi mali contemporanei per accreditare
le (aberranti) “dottrine” del momento, e con esse sé stessi. Dice
Sant’Agostino:
“State tranquilli! Dio non condannerà nessuno (…) e anche dentro
la casa del vostro Dio, quando ve ne venisse la voglia, banchettate pure! (…)
se vi facessimo di questi discorsi, forse raduneremmo attorno a noi folle più
numerose; e, se pur ci fossero alcuni che s’accorgessero come nel nostro
parlare diciamo delle cose inesatte, ci inimicheremmo questi pochi, ma
guadagneremmo il favore della stragrande maggioranza. Tuttavia, comportandoci
in questa maniera, vi annunzieremmo non le parole di Dio o di Cristo, ma le
nostre parole; e saremmo pastori che pascono se stessi, non le pecore”
(Discorso 46, Sui Pastori).
E
quando il Card. Tagle asserisce che “data la nostra mentalità contemporanea”
quella che era una manifestazione di Misericordia ieri “non possa essere più
vista allo stesso modo” oggi, emerge la vera questione : quale Misericordia ? Che
cos’è la Misericordia? Qui si rende visibile che la carità, nel caso la carità
pastorale, non può prescindere dalla questione prioritaria della verità, e la
pastorale non può affrancarsi dalla dottrina della fede.
Un altro
porporato, il Card. Sarah, ha indicato la vera risposta agli odierni problemi pastorali:
egli infatti, oltre a schierarsi fortemente contro la “linea Kasper”, ha
rilevato che “di fronte all’ondata di
soggettivismo che sembra travolgere il mondo (…) la Chiesa deve ritrovare una
visione”[6]. E in questa prospettiva
la linea proposta dalla nostra rivista, ovvero un’ampia “critica costruttiva”
alla strada che ha condotto ad esiti così disastrosi, può rappresentare un
importante contributo al bene comune della Chiesa.
Associazione chierici "San Gregorio Magno"
[1]John Bingham (a cura di), «Cardinal: Church’s ‘severe’ stance
towards gay or divorced Catholics left people ‘branded’ », in Daily Telegraph del 9 marzo 2015. I grassetti sono della nostra
Redazione.
[2] Ibidem.
[3] Cf. anche Rachel Obordo (a cura di), Cardinal Tagle: There is no “formula for all” on Communion for the
divorced and remarried, in Catholic Herald
del 17 marzo 2015.
[4] Cfr. nota 1.
[5] Commentando la
costituzione Sacramentum Paenitentiae
di Benedetto XIV, l’edizione commentata del Codice, curata da Juan Ignazio
Arrieta, scrive: “L’atto delittuoso
consiste nell’istigare il penitente a peccare contro il sesto comandamento sia
con lo stesso istigatore, sia con altri”, J. I. Arrieta (a cura di), Codice di Diritto Canonico e leggi
complementari commentato, Roma 2007, p. 921, nota al canone 1387. Unanime è
l’avviso dei teologi moralisti: S. Alphonsus Maria De Ligorio, Theologia
Moralis, t. III, Graz, 1954, n. 691, p. 706; H. Noldin, Summa
Theologiae Moralis, t. De Sacramentis, Oeniponte, 1912, n. 389, p. 450; B.
H. Merkelbach, Summa Theologiae Moralis, t.III De Sacramentis, Brugis,
1932, n. 640, p. 606; H. Jone, Précis de Theologie Morale Catholique,
Casterman-Tournai-Paris, 1958, n. 592, p. 408 ; D. M. Prummer,
Manuale Theologiae Moralis, Friburgi Brisgoviae, 1960, t. III, n.
461, p.332.
[6] R. Sarah, Dieu ou rien. Entretien
sur la foi, Parigi 2015.