Il nostro sito ha ricevuto il seguente quesito, che esterna perplessità non prive di interesse teologico :
“Secondo l’articolo 19 dell’Istruzione “Universae Ecclesiae” tutti coloro che dicono o vanno alla Messa tradizionale non devono essere contrari alla validità e legittimità della Nuova Messa, quindi non possono mettere in discussione il rito di Paolo VI. Vuol dire che secondo il documento non c’è più nessuna possibilità di critica in materia? Dove va a finire la libertà del dibattito teologico? E poi i problemi del nuovo Offertorio mi sembra che siano piuttosto seri. Non se ne può più parlare? Se ho obiezioni sulla Nuova Messa dovrei quindi, secondo l’Istruzione e per essere coerente, andare dai gruppi in rottura con Roma? Mi sono chiesto quale sia la posizione dell’Istituto del Buon Pastore… Che ne dice Disputationes?”
Giacomo Santini
La risposta di Disputationes Theologicae (su alcuni argomenti sollevati torneremo in seguito in maniera approfondita):
L’istruzione “Universae Ecclesiae” nel suo contesto
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Il Card. Ottaviani, Prefetto emerito del Sant'Uffizio
e co-autore del Breve Esame Critico sul Novus Ordo Missae |
Anzitutto secondo le più elementari norme del realismo tomista un documento disciplinare si situa in un contesto storico ed in una particolare situazione della Chiesa. Con un significativo ritardo - forse anche per le innegabili opposizioni che incontra il Santo Padre, persino all’interno della Curia Romana, e che tendono a ritardarne i progetti - la Commissione Ecclesia Dei ha prodotto un testo che, nell’attuale momento, è stato molto coraggioso. E’ chiaro che il Papa, il quale ha approvato il testo, e con Lui la Commissione, vuole che si esca da quella mentalità che riduceva l’uso della Messa gregoriana ad un indulto per esteti nostalgici. Mentalità che non ha certo servito la Chiesa. Non deve più essere così e anche Roma ora lo afferma. La Messa gregoriana, come la chiama il Card. Castrillòn Hoyos, è presentata dal documento come un rito venerabile, cui si deve il più grande rispetto; essa, come ha titolato Avvenire, è un tesoro prezioso: è un riferimento essenziale in liturgia, ma anche la “medicina” che deve essere offerta il più possibile per curare un malato, le celebrazioni “desacralizzate”, sebbene questo non venga esplicitato nel testo per motivi evidenti. Tuttavia è ciò che l’attuale Santo Padre sostiene fin dagli anni ’70, da quando con dolore vide lo sfascio liturgico e dottrinale del post-Concilio. Il testo va in questo senso, specialmente per chi sa leggere fra le righe, ma, vista la delicatissima situazione in Vaticano - bisogna tenerne conto, anche questo è realismo tomista -, il Papa è costretto ad agire con molta prudenza, cercando di non urtare coloro, anche prelati, che sono molto ostili alla sua opera. E’ di questi giorni la notizia delle rivolte contro la Sede Apostolica, anche gravissime, di certi episcopati, del clero austriaco, di numerosi teologi tedeschi. Questi segni storici sono fra loro connessi e, realisticamente, sono già un fatto condizionante.
L’Istruzione, va detto, ha un altro grande merito : dà finalmente alla Commissione dei poteri effettivi contro i recalcitranti. Difficile sapere all’atto pratico quale sarà il modo d’esercizio, ma, in attesa di strutture canoniche più solide, il principio è affermato. Dopo questo schizzo veloce della ratio dell’Istruzione (che è forse solo il primo di una serie di documenti esplicativi) veniamo al tanto discusso art. 19, il quale va letto nel testo latino, essendo alcune traduzioni sintatticamente e grammaticalmente erronee. Vediamo dunque testualmente e con attenzione, senza lasciarci sviare da presentazioni tendenziose, cosa esso precisamente afferma, tentando poi qualche riflessione a riguardo.