Alcuni esempi recenti ne testimoniano
la necessità
21 dicembre 2017, San Tommaso Apostolo
Il 6 dicembre 2013 scrivemmo l’articolo
“Le ragioni di una battaglia: la parola agli esempi”, sottoscritto dai Resistenti dell’IBP che poi diedero vita
alla Comunità San Gregorio Magno. Vi
si proponeva una panoramica della situazione mostrando i frutti di alcune
scelte che non condividevamo, ragione per la quale abbiamo scelto di resistere
in società. A distanza di quattro anni riceviamo dai nostri lettori una
documentazione che testimonia l’evoluzione della situazione che, proprio sulla
scia di quanto allora descritto, è peggiorata anche più del previsto e obbliga
tutti ad una seria riflessione. Anche stavolta, la parola agli esempi recenti.
Un importante esponente della
Fraternità San Pietro assiste a un rito ecumenico
Una
delle più importanti presenze in Francia della Fraternità San Pietro è quella
di Bordeaux, nella chiesa di Saint Bruno, dove l’11 novembre scorso Sua Em.za
Rev. ma il Card. Ricard ha voluto pregare per la pace in maniera ecumenica. La
“giornata per la pace” si è svolta in tale chiesa nel giorno in cui si
commemora la vittoria della Francia nella Prima Guerra mondiale e ha visto la presenza
del citato Arcivescovo di Bordeaux, di alcuni sacerdoti diocesani e della
pastora della “chiesa” Protestante Unita di Bordeaux, la Signora Valérie Mali,
che ha preso la parola e guidato una preghiera. Alla cerimonia ecumenica per la
pace era anche presente ufficialmente - in coro, con tanto di cotta - il
sacerdote che dirige l’apostolato della Fraternità San Pietro a Bordeaux,
l’abbé de Giacomoni. Precisiamo che la signora Valérie Mali non solo si è
distinta per meriti nel perseguire l’“unità luterana”, ma si gloria di essere
stata la prima ad aver “benedetto” - si fa per dire - delle “nozze” omosessuali
a Bordeaux. L’incontro quindi prendeva accidentalmente, oltre al suo dichiarato
carattere ecumenico, anche una leggera colorazione Lgbt.
Appena informati dell’evento abbiamo
voluto pensare che forse il sacerdote della FSSP poteva non essere al corrente
ed essersi trovato in una situazione inaspettata, in tal caso - pur restando la
gravità del fatto, perché non appena resisi conto di tale situazione permane il
dovere di dissociarsi pubblicamente dallo scandalo per la fede - si sarebbe potuta
invocare la debolezza o l’incapacità di reazione davanti ad una situazione imprevista.
Anche per questo in un primo momento abbiamo preferito non commentare
l’accaduto. Nel frattempo i sacerdoti della FSSP di Bordeaux hanno dichiarato
un’altra cosa: non si tratta di un’iniziativa autonoma dell’abbé de Giacomoni,
ma di una vera e propria scelta, responsabilmente voluta dalla FSSP, perché già
due anni fa - dicono - i Superiori avevano scelto di agire come stavolta. La
giustificazione dottrinale è stata che - malgrado la presenza ufficiale in coro
della pastora luterana - si trattava di una “Messa cattolica”. La giustificazione pastorale è stata che la loro
presenza aiutava a “mantenere buoni
rapporti col Cardinale”. Non crediamo ci sia molto d’aggiungere, se non
ripetere con toni ancor più accorati quanto scritto nel nostro articolo del 2013: la FSSP vuole fare la battaglia dottrinale?
Un sacerdote della medesima Fraternità
(ora impiegato in Curia romana), quando all’IBP alcuni mostrarono con
franchezza ecclesiale le loro riserve rispetto al documento Pozzo (L’“ermeneutica della continuità” e il “rito proprio” sono sufficienti?), documento accettato prima dai soli vertici
dell’Istituto poi dall'integralità di esso, ci disse che la FSSP riceveva
regolarmente dalla Commissione Ecclesia
Dei delle lettere di tal genere e che la scelta generale era sempre stata quella,
anche se non ne condividevano il contenuto, di non fare nessuna rimostranza
pubblica. Quali sono i risultati di tale politica?
E - poiché è giusto guardare le due
facce della medaglia - era proprio necessario che il Cardinal Ricard, membro
influente della Commissione Ecclesia Dei
che conosce bene il mondo Vetus Ordo,
scegliesse fra tante proprio la chiesa di Saint Bruno dove si officia la Messa
tradizionale?
Sappiamo bene che molti sacerdoti della
Fraternità San Pietro non condividono affatto quanto avvenuto a Bordeaux, ma non
sarebbe opportuno andare altrove o quantomeno cominciare a prendere pubblicamente posizione contro quest’accettazione
di fatto dei riti ecumenici da parte della propria Fraternità?
Se questi sono i frutti
dell’accettazione supina del Commissariamento dell’anno 2000 e più in generale
della scelta di non opporsi, neanche a ciò che è inaccettabile per un cattolico
come un rito ecumenico, non vale forse la pena di riflettere seriamente se non
sia il caso di impostare differentemente la battaglia ecclesiale?
La Fraternità San Pio X, tra lo spirito
bergogliano e quello scismatico
Riportiamo un episodio avvenuto pochi
mesi fa in un priorato della FSSPX. Nel centro della Francia un giovane si
converte dalla falsa religione in cui è nato e fa una scelta tradizionale, non
essendo battezzato e volendosi sposare si rivolge ai sacerdoti della citata
Fraternità che richiedono un anno di preparazione. Il catecumeno viene giudicato
atto a ricevere il Battesimo, ma si scopre che durante la preparazione ha
assistito ad una Messa (tradizionale) celebrata dai sacerdoti dell’Istituto
Cristo Re. A questo punto i sacerdoti della FSSPX dopo averlo rimproverato
aspramente e dopo aver rinviato il Battesimo, chiedono davanti a un testimone che
prima il catecumeno si impegni moralmente sul suo onore su tre punti: 1)
riconoscere che la “Nuova Messa è pericolosa
per la fede”; 2) non andare mai a Messe tradizionali celebrate in virtù del
Motu proprio; 3) andare esclusivamente a Messe di sacerdoti della
FSSPX o in dichiarata comunione con essa. Se non accetta non sarà ammesso al
Battesimo né al Matrimonio che era in vista. E così avviene perché il giovane si
rifiuta di sottoscrivere.
Specifichiamo che è comprensibile che
un sacerdote prenda le necessarie misure per verificare che la conversione sia
vera e che la richiesta dei Sacramenti sia fatta in piena coscienza e volontà.
Ed è anche comprensibile che si invitino i fedeli a riflettere, sapendo
distinguere sull’opportunità di assistere ad alcune funzioni, anche se
celebrate in rito tradizionale. Ma che si chieda un atto di adesione esclusiva alla
FSSPX e un rifiuto formale - non solo per certe specifiche circostanze, ma rifiuto di principio - dei sacramenti
celebrati fuori dalla detta Fraternità non appare ammissibile. Non vediamo
infatti in cosa si distingua dal rifiuto - sistematico
e non solo circostanziato - della communicatio
in sacris con altri membri della Chiesa cattolica, che è una delle
condizioni perché si possa parlare di scisma. Poco importa se celebrano il rito
tradizionale e predicano la dottrina cattolica, ci vuole l’adesione esclusiva
alla Fraternità.
Questa posizione purtroppo non è
prerogativa dei giovani ed inesperti sacerdoti della Francia centrale, che anche
sulle modalità pratiche d’applicazione hanno certo esagerato, ma è la logica
conseguenza della dottrina insegnata ufficialmente ad Econe, sostenuta in pubblico
dai Superiori e difesa - sebbene a fasi alterne, come sempre - anche da Mons.
Fellay, dottrina mai ritrattata pubblicamente (si veda il nostro articolo del
2011 Posizioni contraddittorie e ambiguenella FSSPX). È colpa solo di giovani
sacerdoti inesperti o è anche colpa di chi - coltivando l’ambiguità - lascia che
l’insegnamento ufficiale in Seminario sia di un tipo e le dichiarazioni in
Vaticano siano di tutt'altro tenore? Non ci risulta infatti che i professori in
questione siano stati sanzionati o rimossi con quelle stesse misure violente
che la Fraternità sa prendere quando non si segue la linea del capo.
Ma l’ambiguità ancor più esilarante risiede
nel fatto che il giovane catecumeno, se solo avesse accettato di sottoscrivere
la rottura della communicatio in sacris con chiunque è fuori la FSSPX,
avrebbe potuto sposarsi validamente in alcuni Priorati di questa Fraternità!
Essa infatti, a seguito delle trattative in corso con il Vaticano, ha ottenuto
la possibilità di sposare validamente grazie alla giurisdizione data da Papa
Bergoglio (privilegio ufficiale mai concesso alla Fraternità San Pietro,
neanche dopo gli incontri coi Luterani…). Al contempo il Superiore Generale non
ha ancora chiarito se è ammissibile che i fedeli debbano - per potersi sposare
con la giurisdizione vaticana - dichiarare la loro rottura in sacris con chi è fuori dalla FSSPX. Né
abbiamo conoscenza di eventuali chiarimenti del Vaticano in proposito.
È coerente tutto ciò? È questa la
suprema ricerca del bene delle anime, se necessario anche opponendosi alla “Roma apostata e modernista” (come dicono
loro) o è rientrare a pieno titolo nella logica politicante della nuova pax bergogliana?
Il Superiore dell’IBP: “Piena comunione! Piena comunione con
Roma!”
Il Superiore dell’Istituto del Buon
Pastore ci ha abituati a posizione contraddittorie. Molti ricordano che solo
pochi anni fa, già in qualità di Superiore di un Istituto di diritto pontificio,
dirigeva la corale - in cotta - ad un Matrimonio celebrato da un sacerdote sedevacantista
(matrimonio la cui validità è quantomeno dubbia). Pochi mesi fa la stessa
persona, salendo sul pulpito di Saint Eloi a Bordeaux per i dieci anni del Buon
Pastore, ha spiegato ai fedeli la sua posizione ecclesiale: piena comunione con Francesco, perché
grazie a lui la Tradizione e il rito tradizionale sono riconosciuti (“ils ont pignon sur rue” nell’originale
francese, che letteralmente significa che possono “mettere su bottega nella strada pubblica”). La prova ne sarebbe che
il suo Istituto è riconosciuto dal
Vaticano e l’altra ragione sarebbe che Francesco - in continuità con
Benedetto XVI (sic) - non parlerebbe più
continuamente del Vaticano II come facevano i predecessori. A parte la miopia
(voluta?) di non ammettere che in questo caso il Vaticano II è sì in parte superato,
ma per preparare il Vaticano III, a parte il fatto che il proprio
riconoscimento canonico sembra più importante della crisi nella Chiesa, appare
evidente un aspetto di quello che noi chiamiamo il “complesso dell’allineato”:
mostrare il cammino percorso “verso la
piena comunione”. Tralasciamo per motivi di spazio quel diceva un tempo
l’abbé Laguérie - in parte anche giustamente - non solo sugli “allineati”, ma
sul concetto stesso di “piena comunione”. A noi sembra che siamo davanti all’atteggiamento
tipico di chi è stato sotto Commissario e forse lo è ancora. Aggiungiamo che -
per restare ai fatti - non si sa di nessuna pubblica presa di posizione sulle
nuove norme in favore dell’annullamento del matrimonio (che alcuni hanno
addirittura ribattezzato “divorzio cattolico”), nulla sul documento bergogliano
“Amoris Laetitia” e le sue
conseguenze già disastrose; nulla si ode nemmeno su temi sui quali un tempo si
tuonava come l’immigrazione selvaggia e l’invasione islamica o sul Luteranesimo
aperto di certi settori della Chiesa. Nelle omelie e nelle pubblicazioni regna
il silenzio. Ma le cose vanno bene perché…la tradizione e l’IBP hanno un
riconoscimento canonico. Possono, per riprendere le sue parole, “mettere su bottega nella strada pubblica”.
Sarà
forse un effetto della tanto ricercata piena
comunione con Francesco, ma anche il nuovo bollettino del Seminario di
Courtalain ha preso il nome programmatico di un concetto tanto caro all’abbé de
Tarnouarn, che ormai sembra l’unico nel suo Istituto a pronunciarsi sui temi
scottanti. Il famoso sacerdote parigino diceva infatti che era tempo che il
Buon Pastore riprendesse sull’ultimo Concilio quel concetto chiave di Giovanni
Paolo II, ovvero che il Vaticano II è una “bussola”. Un tempo al seminario si
evocava la “critica costruttiva” del Vaticano II, dopo il Commissariamento e la
nomina di un nuovo Rettore il suo bollettino ufficiale prende il nome di “La Boussole”, appunto. In fondo in fondo
è l’ideale per riflettere l’evoluzione in atto: infatti preso in sé per sé si
potrà dire che è un nome come un altro, ma per l’occhio del sorvegliante è
evocatore quanto basta. Inutile cercare d'altronde ne “La Boussole” la benché minima “indicazione ai naviganti” che assomigli
anche da lontano alla, un tempo tanto declamata, “critica costruttiva” del Vaticano II.
E non è solo questione di “bussole”, ma
di una linea generale, a tal punto che l’abbé Laguérie dichiara in privato e
negli articoli che “c’è un momento per
parlare e un momento per tacere”. Dall'insieme del discorso si evince
chiaramente che la scelta di non esprimersi, oltre ad essere pienamente
volontaria (e utile al mantenimento di certe acquisizioni, ma questo non si
dice) deriverebbe dalla constatazione che semplicemente non è il momento di parlare. Ma allora quando bisognerebbe parlare
sulla crisi nella Chiesa, se non oggi che la casa brucia persino sulla questione
della famiglia, la quale fino ad ora non era stata apertamente attaccata? Lo
dicemmo allora e lo ripetiamo adesso, accettare un Superiore imposto e non
eletto dalla sua società, accettare uno stato più o meno permanente di
Commissariamento è la via seguita da tutti quegli Istituti (si pensi anche ai
Francescani dell’Immacolata) che poi si sono arresi su tutto e hanno deposto
ogni critica del nuovo corso ecclesiale. Si potranno anche mantenere (sulla
carta) gli Statuti del 2006, ma se gli Statuti restano solo perché - come dice
un sacerdote dell’IBP di Bordeaux - la Comunità San Gregorio Magno resiste e Disputationes Theologicae parlerebbe
dell’ultimo atto di un lungo tradimento, e non per un profondo convincimento e
per un’azione conseguente, a cosa servono? Non sarebbe meglio fondersi con la Fraternità
San Pietro, più seria e più solida nella sua organizzazione, magari
accordandosi per evitare qualche recente eccesso ecumenico, ma condividendo
insieme il rito tridentino e la linea del silenzio?
Concludendo per i nostri lettori e
specialmente per coloro che ci hanno chiesto di commentare tali eventi,
pensiamo che a distanza di quattro anni dall’articolo che abbiamo citato in apertura
e cui rinviamo, quella che abbiamo chiamato “la terza via” (prima parte - seconda parte), appare quanto mai necessaria. I
risultati della prima posizione (il
conformismo “allineato”) e della seconda
(il vortice “scismatico”), o peggio ancora dell’amalgama schizofrenico di
entrambe, sono sotto gli occhi di tutti. Ex
fructibus eorum cognoscetis eos. Per questo abbiamo voluto riferire alcuni
esempi concreti e recenti, risultato naturale delle scelte fatte a monte.
Le minacce - più o meno canonicamente
presentabili - che riceviamo per questo genere di pubblicazioni, non ci hanno
fatto paura in passato e non ce ne fanno nemmeno adesso, ad esse rispondiamo
che la battaglia si conduce su un terreno che non è quello delle intimidazioni.
Ed è anche per questo che il messaggio principale che vorremmo passasse,
malgrado le innegabili difficoltà e gli inevitabili limiti di “vasi d’argilla”, consiste principalmente nel cercare di testimoniare che una
resistenza ecclesiale al nuovo corso è possibile. Basta volerlo, con la grazia
di Dio e le vostre preghiere per la nostra resistenza.
Don Stefano Carusi
Abbé Louis-Numa Julien
Abbé Jean-Pierre Gaillard
Sem. Lukasz Zaruski