Il
voto programmato al Sinodo dell’Amazzonia
18 novembre 2019, Dedicazione delle Basiliche dei S. S. Pietro e Paolo
Sulla riunione amazzonica di questo
mese d’ottobre 2019 molto è già stato scritto e denunciato con coraggio anche
da eminenti uomini di Chiesa, ma poco si è parlato del problema di quanto il
cosiddetto “metodo sinodale” può diventare strumento nella mani - più che dei
Vescovi o del Papa che lo dirigerebbe - del potere mondano. Un po’ come quando,
nel passato, i vari gallicanismi o anglicanismi erano della parvenze di
sinodalità, saldamente nelle mani del potere regale che li pilotava.
Il modo di voto, la presentazione delle
proposte, la scelta dei relatori, sono fattori che condizionano. Molto. Per
questo la Chiesa nella sua saggezza ha sempre stabilito un modo di
funzionamento delle assemblee che sia regolato dal diritto, da un diritto
sancito in precedenza e stabilmente acquisito come patrimonio dei Padri che vi
partecipano, rispettando la consuetudine ed evitando che ci siano troppi
“ritocchi procedurali” perché è così che si possono facilmente manipolare le
assemblee.
Il parlamentarismo nella Chiesa infatti
rischia di far prevalere - più che la scelta monarchica del Sommo Pontefice, la
volontà generale di Vescovi o la tanto decantata voce del popolo -
l’imposizione di minoranze al servizio del potere mondano. E ciò con
l’aggravante che, con il sistema dei tanti passaggi e delle rielaborazioni da
parte delle Commissioni a discapito del dibattito aperto e pubblico, i responsabili - interni ed esterni -
rimangono nell’ombra.
Vale la pena soffermarsi sulle
spiegazioni del funzionamento del Sinodo amazzonico date in apertura dei lavori
da S. Em.za il Card. Baldisseri il 7 ottobre 2019, che riassumono per i Padri
sinodali i metodi di discussione, di voto e di approvazione dei documenti,
unitamente ad una severa richiesta di un “prudente” silenzio sulle discussioni
dell’Aula e soprattutto sui nomi e sulle posizioni dei singoli[1].
Richiesta di “segretezza” sulla quale
aveva insistito poco prima anche Papa Francesco, certo non si tratta di “un segreto che è più proprio delle logge che
della comunità ecclesiale, però semplicemente di delicatezza e di prudenza
nella comunicazione che faremo fuori…”[2].
Sottolineando anche che il Sinodo “non è
un luogo di dibattito”[3]
e che ogni quattro interventi ci saranno quattro minuti di silenzio. Se si
considera, come vedremo, che gli interventi avranno la durata di quattro
minuti, è logico presumere che ogni venti minuti circa ce ne saranno quattro di
silenzio: “per garantire che la presenza
dello Spirito Santo sia feconda, prima di tutto pregare […] riflettere, dialogare, ascoltare con umiltà […] per favorire quest’atteggiamento alla
riflessione, alla preghiera, al discernimento, ascolto con umiltà e parlare con
coraggio dopo quattro interventi avremo quattro minuti di silenzio”[4].
Un Sinodo quindi più “contemplativo”
- per così dire - che non “luogo di
dibattito”.