Sulla decadenza della Chiesa come “societas”
2 aprile 2022, Domenica di Passione
Ci voleva un “liberale” del calibro di Ernesto Galli della Loggia, su un giornale alfiere solitamente del politicamente corretto, come Il Corriere della Sera, per sollevare una verità nota a tutti i sacerdoti, ancor più se d’Oltretevere! Ma verità inconfessabile : la giustizia in Vaticano, intendendo con ciò l’atto di rendere giustizia a chi la chiede o a chi è stato ingiustamente accusato - se necessario ricorrendo ad un dibattimento davanti ai giudici - procede in maniera profondamente iniqua. Nei nuovi, attuali, radiosi “tempi bergogliani”, che si vogliono dipingere come l’atteso avvento “dell’equità sociale”, “dell’apertura”, “della misericordia” in una Chiesa uscita dall’oscurantismo, la situazione - già non rosea da qualche decennio - è solo scivolata verso modelli, anche a ciò allude il giornalista, più…“sudamericani”. Ovvero vi si è aggiunta una buona dose di demagogia.
L’evocato articolista, dalla cui impostazione generale “laicheggiante” prendiamo ovviamente le distanze, menziona il caso del processo a un noto Cardinale (la cui colpevolezza o meno non è oggetto di questo scritto) scrivendo sul metodo accusatorio e sul procedimento utilizzati :
« Il processo al cardinale Becciu getta luce sul punto che è all’origine, perlomeno all’origine immediata, della crisi che sembra ormai dilagare nella Chiusa cattolica
Il processo che ha come più noto imputato il cardinale Becciu un effetto sicuro lo sta avendo. Che nessuno, se fosse chiamato a rispondere di una qualsiasi imputazione - dall’omicidio volontario all’eccesso di velocità - accetterebbe mai, potendo scegliere, di essere processato da un tribunale vaticano.
Si può discutere a lungo, infatti, se sia meglio affrontare la giustizia in una corte americana o in un tribunale italiano, ma dopo quello che stiamo vedendo da un paio d’anni è sicuro che a nessuna persona sana di mente verrebbe in testa di affrontare la dea bendata in un’aula all’ombra di San Pietro. »1
Ripetiamo che non interessa qui sapere se il Card. Becciu sia colpevole o innocente di quanto imputatogli o quali vicende poco chiare, forse anche verosimilmente, si celino dietro questa storia, ma vedere che persino i nemici della Chiesa sono scandalizzati (purtroppo con buoni argomenti) dei procedimenti di giudizio nella “Chiesa in uscita”. Citiamo quello che è divenuto chiaro perfino ai giornalisti del Corriere:
« 1) che proprio come in Alice nel paese delle meraviglie nello Stato del Vaticano le pene vengono comminate prima della condanna (Becciu è stato privato di tutti i diritti connessi al cardinalato ex abrupto dal Papa senza che ci fosse stato in precedenza nei suoi confronti alcun atto giudiziario di alcun tipo); 2) che in Vaticano - sempre come nel paese delle meraviglie - chi dispone del potere di farlo può cambiare come vuole le regole del processo nel corso del medesimo: e non una, ma due, tre, quattro volte, tramite appositi pronunciamientos chiamati «rescritti»; 3) che il principale indiziato, tale monsignor Perlasca, non solo può diventare magicamente il principale testimone dell’accusa e così non solo evitare ogni imputazione ma persino il fastidio di comparire in tribunale per ribadire le sue accuse; 4) che chi ha in mano l’effettiva direzione del processo non è il presidente del Tribunale bensì l’Accusa, la quale può infischiarsene delle disposizioni tassative impartite dal presidente suddetto e così, ad esempio, stabilire lei quando presentare la documentazione richiesta e darne una parte solo e scegliere quale sempre a suo piacere; 5) che di conseguenza in quell’aula i tempi del processo sono quanto di più aleatorio possa immaginarsi (perfino peggio che in Italia, che è tutto dire).»2
Fin qui l’autorevole giornalista, che però da “liberale” e forse da conoscitore un po’ approssimativo del vero ed anche virtuoso funzionamento dei tribunali della Chiesa nel passato, riferisce ironico le parole che « per legittimare le molte anomalie sopra indicate » uno dei rappresentanti della pubblica accusa vaticana avrebbe detto : « È l’ordinamento canonico la prima fonte normativa del Vaticano, è il diritto divino la base della potestà del Papa: se non si comprende questo si va fuori strada ».
Quanto detto, anche se con toni beffardi, in fondo è vero, ma va precisato e soprattutto manca di una distinzione capitale che sfugge all’articolista, il quale si lascia invece andare alla retorica, citando la necessità di rinnovarsi, di far entrare aria fresca nella Chiesa e l’immancabile rinnovamento del Vaticano II…di cui però non ricorda quanto i giudici da lui stigmatizzati come iniqui siano, almeno a parole, strenui e acritici sostenitori.
In fondo è vero, dicevamo, che la Chiesa si fonda sul diritto divino. Ed è cosa buona e giusta. Ogni autorità giudica e ha un potere di giudicare solo come rappresentante della Giustizia divina, del Giusto, inteso come Nostro Signore Gesù Cristo e come Giustizia oggettiva più ampiamente, lo “iustum”. Il criterio di giudizio quindi, con buona pace di Galli della Loggia, non è la democrazia liberale, non è la dittatura della maggioranza, non è il politicamente corretto; il criterio di giudizio per i tribunali della Chiesa dovrebbe essere quel Diritto che deriva da Dio e non dai capricci dei media. Quindi la regola rimane la conformità o meno dell’atto col diritto naturale e rivelato, riconoscendo al Sommo Pontefice - in virtù della Suprema Potestà della Chiavi - anche di intervenire in un processo, graziando o condannando col suo insindacabile giudizio (laddove vi siano prove certe, perché non venga meno la procedura richiesta dalla giustizia naturale) un battezzato su cui ha autorità. Ma attenzione - e qui sta la distinzione sulla quale insistiamo - tale potere insindacabilmente dato da Cristo al Papa (o al Re nell’ordine temporale) presuppone un dato fondamentale: che il suo esercizio sia apertamente dichiarato e non supposto, insinuato, sottinteso e quindi surrettiziamente invocato per imporre l’arbitrio. Facciamo un esempio: laddove il Sommo Pontefice, avute sufficienti prove della colpevolezza di un sacerdote decidesse, anche senza un processo modernamente inteso, di punirlo giustamente, non ha bisogno di convocare giudici e avvocati. Può e talvolta deve, agire anche da solo, fatta salva un’istruttoria adeguata per non essere ingiusto. Ma deve dichiararlo: « Io Sommo Pontefice, usando il potere che Cristo mi ha dato, depongo il tale re infedele, punisco il tale sacerdote fedifrago, scomunico il tale fedele eretico ». Così ha sempre agito la Chiesa, così si sono sempre comportati i Sommi Pontefici…prima che il “complesso” del modernista (che però rimane un autocrate…) s’impadronisse delle menti.
Oggi invece, da un lato ci si vergogna d’esercitare apertamente un potere monarchico proveniente da Dio, dall’altro fa comodo ridurre al silenzio gli oppositori invocandolo implicitamente, ma senza esercitarlo apertamente. Il risultato? Si finge l’utilizzo del “dibattito processuale”, dei “metodi democratici” come nel “liberalismo parlamentare”, di “nuovi ed equi procedimenti rispetto all’autocrazia papale del passato”, ma di fatto il ricorso al “diritto divino” rimane, utilizzandolo però in maniera oggettivamente diabolica. Ovvero sfruttando e corrompendo le cose più sante date da Dio a difesa della Chiesa, coi metodi più iniqui e subdoli che fanno scandalizzare pure i giornali illuministico-massonici, i quali - rilevando l’abuso d’autorità - affermano che tutto ciò la dice lunga su quanto grave sia « la crisi che sembra ormai dilagare nella Chiesa cattolica ». Infatti, salvo quanto strettamente garantito dalla natura divino-umana della Chiesa, quando i rapporti non sono regolati dalla giustizia, peggio quando l’arbitrio è elevato a principio, tutto l’organismo sociale tende a decadere perché viene meno la fiducia nell’autorità e fra i membri. E ci voleva un laico liberale come Galli della Loggia a ricordarci questa verità? Non lo dovevano fare i tanti riformatori della “Chiesa in uscita”? Non eravamo nel grande momento delle “garanzie democratiche”, perché ormai eravamo “Fratelli tutti” e non c’era più l’autorità arcigna del Medioevo ? Oppure è vero che dietro il moderno legalismo ipocrita c’è il fatto che non c’è più nessuno che si assuma responsabilità? E - alla moda dei giacobini - si intimidisce e si punisce in maniera…“impersonale”?
La verità è che questo sistema marcio e arbitrario d’amministrazione della giustizia è quanto di più lontano ci sia dalla visione medievale e cattolica dell’amministrazione…della giustizia appunto, che da un lato dava ampie garanzie di difesa all’accusato, si pensi alla meticolosità e alla misericordia dei processi dell’Inquisizione Romana, dall’altro riconosceva che il monarca è al di sopra della legge proprio per garantire un’applicazione equa di ciò che è “giusto” e non solo “legale”.
La nostra Redazione questo affermava anni fa: se la Santa Sede vuole imporre un capo non votato dai membri ad un Istituto religioso ha la facoltà di farlo. E’ il potere della Chiavi. Certo, non stiamo parlando d’infallibilità, non c’è nessuna promessa divina d’infallibilità papale nelle scelte contingenti di governo, ma c’è legittimo esercizio di un potere di governo non esente da errore umano. Il Papa in sé può quindi deporre un Superiore e metterne un altro, anche se sarebbe gravemente immorale farlo solo per capriccio e non per il vero bene della Chiesa.
In ogni caso non si può mai affermare - neppure un Papa lo può - che un procedimento in sé illegittimo e addirittura contrario al diritto naturale, diventi legittimo e morale. Al limite si può fare quello che si dice una “sanatoria”, una “sanatio”, di irregolarità, ma è onesto dichiararlo. Ad esempio, scrivevamo, se proprio l’autorità vuole che una tal persona giunga al comando di un tale organismo, non si manipola il collegio elettorale per poter dire che si è giunti - liberamente e addirittura “democraticamente” - al risultato voluto dall’autocrate. Questo non è “l’esercizio del diritto divino”, come sembra insinuare Galli della Loggia, ma è l’ipocrisia del sistema liberal-massonico che si è impossessato anche delle menti di tanti prelati. Al limite si può esercitare l’autorità ed imporre un legato pontificio. Quest’ultimo procedimento ha il pregio di non essere ipocrita come il precedente. Ci si assume almeno la responsabilità di governo. Se si è capi si decide o si punisce in prima persona, senza coprirsi dietro le composizioni dei collegi giudicanti, le modifiche dei Capitoli elettivi, le sostituzioni di giudici e di procedimenti in corso di dibattimento. Questo è contrario alla giustizia naturale, mentre non è contrario alla giustizia che un Papa governi da monarca con metodi “romani” e non con “demagogia sudamericana”.
E’ il coraggio che deve avere la Chiesa di essere se stessa, con autorità se necessario, anche indossando il guanto di ferro se la situazione lo esige, ma con la franchezza del Medioevo cristiano e non con l’ipocrisia liberaloide, che si nasconde dietro sotterfugi procedurali. Si condanni, se necessario, ma non si muti in corso d’opera la procedura per giungere - in maniera politicamente corretta - al risultato prefissatosi.
Qualche anno prima di Galli della Loggia (quanto è grave la crisi nella Chiesa, bisogna che lo dica un liberale per essere ascoltati…) questo scrivemmo. Chiedevamo : ma è possibile che colui che difende i propri diritti al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica non possa leggere il proprio memoriale difensivo, mentre le stesse autorità vaticane si sperticano nel richiedere la pienezza dei diritti civili per tutti gli immigrati islamici o addirittura per terroristi assassini, sostenendo con smielata retorica i “diritti umani universali”? Il memoriale difensivo di colui che difende un proprio diritto infatti è redatto da un altro, da un avvocato estratto dalla ristrettissima lista degli accreditati in Segnatura. Ed è tenuto segreto all’interessato ! Io non posso sapere come mi sono difeso, non conosco la mia difesa ! Ma mi arriverà una sentenza che menzionerà quel che io non ho scritto. O meglio, quel che ho dovuto suggerire all’avvocato, senza sapere se lo recepiva, nella quasi completa ignoranza dei documenti a mio carico o a mia difesa. Sì, perché non si possono - e non solo in casi speciali - conoscere i documenti presentati al giudice dalla controparte.
Ed è realmente successo (link) che, avendo chiesto un patrocinio economico, sia giunta la risposta negativa più o meno il trentunesimo giorno, allorquando il trentesimo scadevano i termini - o venivano arbitrariamente fatti scadere quel giorno? - e così nemmeno si mandava in fase di giudizio un processo scomodo. Hai trenta giorni di tempo per rispondere, ma noi ti diremo il trentunesimo giorno che non ti concediamo l’avvocato d’ufficio, quindi i termini sono scaduti e il processo non sarà dibattuto. E’ giustizia? Perché questo ci fu detto essere il procedimento - o essere diventato - tanto dal severo Mons. Daneels che dall’ultrabergogliano Mons. Sciacca, Segretari della Segnatura Apostolica. Stando a quel che rivela Il Corriere della Sera viene da chiedersi : ma era davvero così o le procedure vengono abitualmente manovrate e adattate ? E se davvero i ricorrenti hanno torto non sarebbe più onorevole per un tribunale - che si fregia del titolo di “apostolico” - almeno permettere un dibattimento? “Se ho parlato male dimmi dove ho sbagliato, sennò perché mi percuoti” ?
Questa, purtroppo, è la realtà della “giustizia” in Vaticano nei nostri tempi e in epoca bergogliana le cose non sono certo migliorate. A differenza di Galli della Loggia noi sosteniamo che sia giusto che la Chiesa si regga sul diritto divino. Ma assumendosi i capi la responsabilità delle loro scelte, anche punitive. Questa è la Chiesa dei Santi che sa quale grandezza le è affidata e che apertamente fa uso dei suoi giusti poteri, senza coprirsi di ridicolo scimmiottando il sistema liberale a parole e comportandosi da autocratica di fatto. Quando San Pio V fu eletto al soglio, fra le prime cose riformò i tribunali perché rendessero giustizia, sapendo che la Chiesa non è riducibile a quella indefinita “comunione d’amore” di cui tanto si riempiono la bocca i modernisti, ma è prima di tutto “società”. E una società si fonda sulla giustizia dei rapporti. Era quello stesso Santo Pontefice che quando dovette occuparsi di Elisabetta d’Inghilterra, non istituì “democraticamente” e “ipocritamente” una commissione di membri manovrabili, non modificò le procedure in corso d’opera per giungere ad un “risultato condiviso”, come si dice oggi, ma, semplicemente ed evangelicamente indossati il pastorale e la tiara, depose l’eretica sanguinaria dal trono che usurpava, assumendosi pienamente le sue responsabilità davanti a Dio e alla storia. Giusto esercizio del diritto divino e zelo perché i tribunali umani fossero giusti. Davanti a queste realtà dolorose, come lui ricorriamo per la Chiesa all’arma del santo Rosario, ricordandoci che « la forza principale dei malvagi è la viltà e la debolezza dei buoni » (San Pio X).
Don Stefano Carusi
Abbé Louis-Numa Julien
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1 E. Galli della Loggia, I molti aspetti singolari della giustizia vaticana, in Il Corriere della Sera, 16 febbraio 2022 https://www.corriere.it/editoriali/22_febbraio_16/i-molti-aspetti-singolaridella-giustizia-vaticana-13aa8caa-8f42-11ec-af55-d575edc6dd9d.shtml.
2 Ibidem.