3 settembre 2016

Mons. Fellay e il ruolo della Fraternità bergogliana

Verso la “legittimazione reciproca”?

 3 settembre 2016, San Pio X



Nella scorsa primavera ci sono state due notizie di grande rilevanza ecclesiale che hanno avuto, come giusto, la nostra prioritaria attenzione: l’Esortazione “Amoris Laetitia” e le dichiarazioni esplicative sulla rinuncia di Sua Santità Benedetto XVI. In questa primavera tuttavia c’è stato un altro avvenimento meritevole di riflessione: il nuovo incontro tra Mons. Fellay, Superiore Generale della FSSPX e Papa Bergoglio. Alcuni recentissimi sviluppi sono stati resi noti tra fine luglio e inizio agosto da un’intervista a Mons. Pozzo, il quale ha dichiarato a proposito della Prelatura personale: “Mons. Fellay ha accettato questa proposta, anche se alcuni dettagli saranno chiariti nei prossimi mesi[1]. Mons. Fellay “ha risposto” il 24 agosto scorso, parlando non della Prelatura, ma dell’Ordinariato personale: “Roma ci offre una nuova struttura. A capo di essa, un Vescovo. Questo Vescovo, scelto dal Papa, tra tre nomi proposti dalla Fraternità e proveniente dai suoi membri. Tale Vescovo avrà autorità sui preti, sui religiosi […] e sui fedeli. Tutti i sacramenti; i fedeli che appartengono a questa struttura avranno tutti i sacramenti dei preti della Fraternità. Tutti i sacramenti, compreso il matrimonio. […] E’ come una superdiocesi, indipendente dai Vescovi locali”. Mons. Fellay aggiunge che se non ha ancora firmato è “perché voglio essere sicuro che tutto ciò sia vero, non ho il diritto di condurvi in un sogno[2]. Insomma c’è una ragione molto “pratica” da valutare, prima di entrare nel “sogno”.

A parte il coup de théâtre - che può nascondere anche, e non sarebbe la prima volta, un gioco al rialzo durante la trattativa ancora aperta - notiamo che la proposta non è poi tanto “nuova”. Si tratta infatti più o meno delle stesse cose in cantiere già dai tempi del Card. Castrillon e che erano state riproposte solo pochi anni fa, ma che non potevano essere accettate per ragioni di principio: l’accordo pratico senza conversione di Roma è “impossibile ed inconcepibile” infatti “è chiaro che noi non firmeremo accordi  se le cose non sono risolte a livello dei principi[3]. Dall’intollerabile accordo “pratico” (come dicevano, noi parlavamo di “canonico”) sarebbe derivata una svalutazione della gravità dell’odierno problema dottrinale per fini “pratici” e sarebbe di fatto passata un’idea di malsano pluralismo e non la ricercata correzione dei principi della crisi (cfr. Accordo Roma-Ecône. Abbiamo scherzato?). Diceva il Superiore della FSSPX: “Finché non si affronteranno i principi, le conseguenze continueranno ineluttabilmente. Devo dire che per ora Roma non sembra voler risalire ai principi (…) E’ semplicissimo: finché Roma resta su tale posizione [ecumenismo e libertà religiosa, di cui il prelato aveva appena parlato], non è possibile nessun accordo[4]. Eravamo sotto Benedetto XVI.

Ed oggi invece – come alcuni lettori ci hanno scritto – “al tempo dei due papi”, dopo una più che controversa rinuncia al Soglio, proprio mentre le ombre sulla Chiesa s’ispessiscono, mentre il ciclone modernista si fa più aggressivo, tanto sul terreno ecumenista che sul fronte dell’accesso ai Sacramenti e della famiglia stessa (temi sui quali lo stesso mons. Fellay aveva dato atto a S.S. Giovanni Paolo II di non aver ceduto), proprio oggi la FSSPX fa capire che quell’accordo che ieri era “impossibile prima della conversione di Roma” e della “fine della crisi dottrinale”, è diventato non solo “concepibile” e “possibile”, ma anche un tale “sogno” che…“non si poteva immaginare nulla di meglio[5]. Ma che è successo? Una “conversione di Roma” di cui forse non siamo al corrente? Che vuol dire Mons. Fellay quando ci dice che oggi (è il 24 agosto 2016!), se il Vaticano fa una simile offerta, è perché: “Vuole il bene della Tradizione, vuole che la Tradizione si sviluppi nella Chiesa[6]? Sono davvero parole sue? Sta parlando seriamente oppure continua i suoi scherzi come ormai da più di dieci anni? Già nel 2012 avevamo scritto che forse Mons. Fellay in fondo, in fondo è un buontempone…(cfr. Accordo (pratico) Roma-Ecône. Avevano davvero scherzato). 

Oppure - anche se l’accordo non dovesse concludersi nell’immediato - c’è solo uno scambio di cortesie con Papa Francesco, che circa un paio di mesi fa, poco dopo aver pubblicato Amoris Laetitia, in polemica con i prelati fedeli a Familiaris Consortio eppure in piena trattativa con la Fraternità San Pio X, aveva avuto anche lui delle parole d’elogio: “Mons. Fellay è un uomo con cui si può dialogare […]. Stiamo dialogando bene, stiamo facendo un buon lavoro[7]. Frase simpatica anch’essa, che tra l’altro sembra indicare le simpatie (nel senso greco di sympatheia) romane; non scordiamo che c’è in ballo anche la scelta dell’eventuale futuro Capo dell’Ordinariato...

Ricordiamo però che quando Campos fece l’accordo, Mons. Fellay lo condannò subito, dicendo che potevano sì esprimersi come volevano, ma non c’era una sola ratifica della posizione tradizionale, si trattava piuttosto di una “legittimazione reciproca” e non del “bene della Chiesa universale” che perseguiva invece la Fraternità.

Questa rivista non condivide affatto la condotta poi tenuta da Mons. Rifan, ma in che modo la “legittimazione reciproca” non ci sarebbe oggi? Quando l’accordo lo fanno gli altri è cattivo, quando lo fa Mons. Fellay è buono? Mons. Fellay ha per anni mosso un’obiezione non disprezzabile all’accordo, ovvero che con l’accordo sarebbe passato il messaggio per cui il problema principale od unico è la questione della posizione disciplinare o delle “autorizzazioni” date ad alcuni, invece della questione primaria e capitale: la crisi dottrinale nella Chiesa. La condotta ondivaga di Mons. Fellay, con trattative che durano da anni, con le sue dichiarazioni tanto contraddittorie quanto incalzanti - “mai faremo l’accordo”/“forse faremo l’accordo” - non ha forse concentrato l’attenzione proprio sulla questione che, a suo dire, doveva rimanere del tutto secondaria rispetto alla dottrina e alla necessaria preventiva “conversione di Roma”? Perché Mons. Fellay ha tenuto e tiene una condotta che contraddice molte delle sue affermazioni, che contraddice la solenne dichiarazione del Capitolo del 2006, la quale ha condotto a ripetute e plurime divisioni? Di quante spaccature è stata fonte quest’ambiguità? Chi, ascoltando le parole di Mons. Fellay e non condividendole, ha preso un’altra strada, chi condivise allora quelle parole ed ora sente affermare l’esatto contrario dalla stessa bocca, senza alcun chiarimento. Nelle rotture e scissioni dolorose si scorda troppo la responsabilità delle posizioni ambigue dell’autorità, che si vorrebbero risolvere solo con l’imposizione cieca delle proprie condotte contraddittorie, usando magari il bastone e le minacce...o la carota…

Può mons. Fellay, se davvero ha creduto a quel che diceva solennemente e se non si trattava solo di dichiarazioni “politiche”, dare delle vere spiegazioni, anziché glissare, eludendo il senso delle obiezioni? O forse i maltrattati “accordisti” di dieci-quindici anni fa, o meglio i membri di spirito romano, avevano anch’essi delle ragioni molto serie nelle loro preoccupazioni? Altrimenti perché sembra aver cambiato idea? Non ritiene Mons. Fellay, vista la confusione e le divisioni, che sarebbe molto opportuno che si facesse da parte? Non sarebbe anche la volon di Mons. Lefebvre nel 1988, che - quando l'accordo intercorso con Roma prevedeva di consacrare un solo Vescovo - aveva designato un candidato diverso?

Questo discorso tuttavia non sarebbe completo se si omettesse l’altra faccia della stessa medaglia: l’ostinata condotta di Roma nei confronti di Ecône. Quando mons. Lefebvre chiedeva umilmente l’accordo, Roma era dura con Ecône; quando mons. Lefebvre manifestava di rifiutare l’accordo, Roma sembrava corrergli dietro, proponendogli un aumento delle concessioni. Condotta che, oltre ad essere correa del citato atteggiamento politicante, ha concorso negli anni ad alimentarlo.
Per questo motivo, in continuità con molti nostri articoli precedenti, in un nostro prossimo editoriale pubblicheremo la nostra lettera aperta a Mons. Pozzo, e l’eventuale risposta del prelato, disponibili ad affrontare - come stiamo facendo - eventuali ritorsioni, ancorché dietro le quinte.      

La Redazione di Disputationes Theologicae



[1] Julius Müller-Meiningen, Seid gehorsam-bitte!, in Christ & Welt supplemento alla rivista Die Zeit 32 (2016).
[2] Mons. Bernard Fellay, Conferenza a Wanganui (Nuova Zelanda) del 24 agosto 2016.
[3] Mons. Bernard Fellay in Fideliter n. 171, maggio-giugno 2006, pp. 40-41.
[4] Mons. Fellay citato nell’editoriale di Don Marco Nély, in La Tradizione Cattolica, n.2 (62) – 2006, p. 4.
[5] Mons. Bernard Fellay, Conferenza a Wanganui (Nuova Zelanda) del 24 agosto 2016.
[6] Ibidem.
[7] Guillaume Goubert, et Sébastien Maillard, Pape François : « nous sommes sortis différents du Synode », in La Croix 16 maggio 2016.